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Devastazioni alla «tomba di re Davide»

Marie-Armelle Beaulieu
4 gennaio 2013
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Nel giro di dieci giorni qualcuno a Gerusalemme si è introdotto per due volte nel luogo detto «Tomba del re Davide», sul Monte Sion, per compiere atti vandalici: distrutte a colpi di martello le piastrelle di ceramica che in epoca ottomana erano state poste a rivestimento di uno dei muri. La sala che racchiude il cenotafio si trova nel complesso del Cenacolo.


(Gerusalemme) – Per la seconda volta nel giro di dieci giorni, qualcuno si è introdotto nel luogo detto «Tomba del re Davide», sul Monte Sion, per compiere un atto di vandalismo. Come successo in precedenza, il lavoro dei vandali è consistito nel distruggere a colpi di martello le piastrelle di ceramica che rivestivano il muro di separazione tra la stanza in cui si trova il cenotafio (monumento funebre vuoto) del re Davide dal vestibolo d’entrata.

Il 26 dicembre scorso la polizia di Gerusalemme arrestava sul posto un ebreo ultra-ortodosso di 30 anni. Al momento dell’arresto, l’uomo si era giustificato dicendo che, venuto a pregare per una causa che gli stava a cuore, un altro uomo che lo accompagnava gli aveva detto che la sua preghiera non sarebbe stata esaudita se non fosse stata pronunciata sulle pietre originali con le quali fu costruito l’edificio. Quindi si era messo in testa di distruggere le piastrelle in ceramica che ostacolavano la sua preghiera. La spiegazione sembra poco plausibile. Durante il giorno l’accesso al cenotafio è libero, e nessuna ceramica è d’ostacolo per la preghiera. In più, la parete che si trova dietro al cenotafio è già costituita di pietre a vista.

La notte tra il 2 e il 3 gennaio, di nuovo, «un gruppo» – secondo le indiscrezioni – si sarebbe introdotto per «terminare l’opera». Restano intatti soltanto 50 centimetri quadrati di piastrelle in ceramica. Ieri mattina mentre un addetto dell’Autorità per le antichità israeliane lavorava a raccogliere i cocci in grandi sacchi con delle etichette e si asteneva dal commentare, il rabbino guardiano del luogo affermava di non sapere se il colpevole sia la stessa persona del primo episodio. I danni causati in quest’ultimo raid sono stati definiti «irreversibili» Mentre si lavorava allo sgombero dei detriti, la polizia chiudeva il luogo al pubblico.

Su Hareetz, il 27 dicembre scorso, commentando il primo atto di vandalismo, la professoressa Nirit Shalev-Khalifa, dello Yad Ben-Zvi Institute, spiegava che era stata avviata una procedura affinché le norme per la tutela delle antichità fossero applicate anche alle ceramiche presso la tomba di David. L’iter non si è però ancora concluso. Secondo lo stesso giornale, le piastrelle sarebbero state posizionate, durante un restauro della tomba, dagli Ottomani nel corso del XVII secolo, mentre l’arte ottomana della decorazione in ceramica aveva raggiunto il suo apice un secolo prima, come dimostra il rivestimento della Cupola della Roccia voluto da Solimano il Magnifico.

Ieri mattina l’Autorità israeliana per le antichità ha sporto denuncia per vandalismo, e chiesto «ai responsabili del sito, alla municipalità di Gerusalemme e alla polizia di mettere in funzione un dispositivo per la sicurezza di questo Luogo Santo, al fine di impedire che atti di questo genere si verifichino ancora».

Il luogo della Tomba del re Davide sul Monte Sion si trova al piano inferiore del Cenacolo. Apparteneva ai francescani della Custodia di Terra Santa, dopo che – nel 1333 – Roberto d’Angiò, re di Napoli e conte di Provenza, insieme a sua moglie Sancia di Maiorca, l’aveva acquisito per affidarlo loro. I francescani ne furono cacciati in modo definitivo nel 1552 dai musulmani, che trasformarono il Cenacolo in moschea e allo stesso tempo misero le mani sul luogo presunto della tomba di Davide. È di fatto poco verosimile che questo sia effettivamente il luogo della sepoltura del monarca ebreo, il quale secondo il Primo libro dei re (2,10) «morì e fu sepolto con i suoi padri nella città di Davide». Ora, la città di Davide potrebbe trovarsi sia sulla collina oggi chiamata Ofel, di fronte al Monte Sion, sia a Betlemme, dove del resto sia la tradizione giudaica che quella musulmana ricordano una tomba di Davide venerata fino al XIV secolo.

È dal XII secolo che si riparlerà della scoperta della tomba di re Davide sul Monte Sion, una tesi che i crociati attribuirono all’interpretazione di un discorso di Pietro, che dopo la Pentecoste parlò del sepolcro di Davide dicendo «che esiste ancora oggi tra noi» (Atti degli Apostoli 2,29).

Comunque sia, invece di accertarsi circa il vero luogo della sepoltura di questo re d’Israele, la tradizione si fissò proprio qui sul monte Sion. Nel 1948, il sito assunse ulteriore importanza per gli ebrei che lo avevano conquistato, poiché era il luogo più prossimo in cui potevano recarsi a pregare rispetto alla città santa, che restava sotto giurisdizione giordana fino al 1967.

In seguito, una yeshivà (scuola talmudica) è stata installata nel complesso dell’antico convento francescano, e il Cenacolo – di fatto sotto giurisdizione israeliana – sebbene non sia più una moschea, non è tuttavia una chiesa.

Mentre le negoziazioni tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele hanno portato all’ordine del giorno la discussione su alcuni eventuali diritti della Custodia di Terra Santa sul sito – che è in via di ristrutturazione da circa cinque anni – ci si può a ragione domandare a chi convenga il crimine di questi giorni.

Qualche estremista vorrebbe cancellare le tracce dell’Islam in quello che è diventato un importante luogo del giudaismo? Si sta tentando di creare tensione tra le diverse comunità religiose al fine di lasciare immutato lo statu quo attuale? In assenza di responsabili, tutte le congetture sono possibili, ma l’accanimento con cui sono state distrutte queste ceramiche non sembra essere frutto del caso. Resta da augurarsi che l’inchiesta della polizia faccia chiarezza.

(traduzione dal francese a cura di Miriam Mezzera)

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