Non basta la previsione di un incremento annuo percentuale del Prodotto interno lordo pari al 3 per cento – superiore a quello di molti Paesi europei – a rincuorare i cittadini israeliani. Solo il 26 per cento della popolazione adulta in Israele pensa che il futuro sarà migliore.
(Milano/g.s.) – Non basta la previsione di un incremento annuo percentuale del Prodotto interno lordo pari al 3 per cento – superiore a quello di molti Paesi europei – a rincuorare i cittadini israeliani. La crisi economica generale preoccupa forse ancor più che i timori di guerra. Stando agli esiti – anticipati in questi giorni alla stampa – di un’indagine a campione condotta annualmente dall’istituto Maagar Mochot solo il 26 per cento della popolazione adulta in Israele pensa che il futuro sarà migliore per la nuova generazione. Il 46 per cento si sente adeguatamente protetto dallo Stato e 58 cittadini su 100 considerano Israele il miglior Paese in cui vivere.
Cresce la fetta di popolazione che considera il proprio reddito appena sufficiente per uno standard di vita decente: siamo al 57 per cento, dato che fa registrare un balzo di 13 punti rispetto al 2011. Parallelamente diminuisce di 12 punti, attestandosi al 49 per cento, la quota di coloro che ritengono di avere un posto di lavoro sicuro.
La fiducia nella sfera pubblica non rifulge: il 78 per cento degli intervistati è convinto che vi sia corruzione agli alti livelli dell’apparato statale. È alquanto ridotto il gradimento rispetto al sistema giudiziario (22 per cento), alla polizia (14), ai media e ai servizi sociali (settori entrambi al 10 per cento), ai partiti politici (7). Più alto il gradimento verso le ong impegnate nel sociale che ottengono la fiducia di un 23 per cento del campione.