La Chiesa cattolica, collocandosi nella fedeltà al disegno divino, promuove la dignità personale della donna e la sua uguaglianza con l’uomo, di fronte alle forme più varie di discriminazione», le quali «offendono gravemente non solo la donna, ma anche e soprattutto Dio, il Creatore». Così Papa Benedetto XVI nell’esortazione apostolica, Ecclesia in Medio Oriente, firmata durante la il suo recente viaggio in Libano. Parole confortanti, coraggiose, impegnative, in una regione in cui attualmente si nota una forte regressione in materia, con l’avanzare delle forze teocratiche in Paesi prima più laici.
Ma il Papa parla direttamente ai cristiani, che non si debbono lasciare contaminare, anzi perché si adoperino per estirpare le eventuali discriminazioni filtrate anche in mezzo a loro, e perché sia inequivocabile la loro testimonianza all’uguaglianza degli appartenenti ai sessi maschile e femminile. E non si tratta della sola non-discriminazione; piuttosto il Santo Padre aggiunge: «Ritengo che le donne debbano impegnarsi ed essere più coinvolte nella vita pubblica ed ecclesiale».
Cose ovvie, direste, luoghi comuni. Anzi, qualche «nostalgico» maschilista sta forse mormorando che ce ne sia persino troppo; ma lasciamolo stare con gli altri «nostalgici» che rimpiangono orrori felicemente passati. In realtà, in Medio Oriente (e non solo) questi insegnamenti troppo spesso non sono affatto «luoghi comuni», neppure tra i cristiani. Qualcosa ho sperimentato anch’io.
Nel 1990 il Beato Giovanni Paolo II promulgò il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, e in esso, un piccolo passo in avanti: i genitori appartenenti a due Chiese Cattoliche diverse – per esempio, la maronita e la greco-cattolica – nel far battezzare la prole possono di comune accordo ascriverla alla Chiesa cattolica della madre, anche se diversamente la prole continuerà, come finora, essere ascritta alla Chiesa del padre. Apriti cielo! Tali erano le proteste fatte pervenire al Papa da ambienti delle gerarchie mediorientali, ch’egli volle ribadire e spiegare la sua scelta al Sinodo dei vescovi riunito quell’autunno in Vaticano, invocando la coerenza con la dottrina della lettera apostolica Mulieris dignitatem. Ebbene, in quegli stessi giorni, partecipando nella riunione della commissione teologica di una diocesi della regione menzionai con entusiasmo l’innovatrice iniziativa del Papa e la sua ferma risposta ai critici. Con mia sorpresa, il presule che presiedeva era di tutt’altro parere: i critici hanno ragione, disse: «Quelli della promozione della donna sono discorsi dell’Occidente, di cui non abbiamo proprio bisogno, qui in Medio Oriente. Le donne conoscono il loro posto!». Rimasi scioccato. Avevo infatti cercato di convincere i presenti che, mentre «in Occidente» i cattolici erano spesso rimasti indietro e si vedevano trascinare volenti nolenti dal «mondo» verso il pieno riconoscimento dell’eguale dignità femminile, ora in Medio Oriente avremmo la possibilità di metterci invece all’avanguardia! E precisamente per «fedeltà al disegno divino»!
Ora però, con gli insegnamenti del beato Giovanni Paolo II sufficientemente «metabolizzati», le nuove leve di araldi del Vangelo sono chiamate a cogliere pienamente la sfida lanciata da Benedetto XVI, perché, anche mentre tutt’attorno si infittisce per le donne il buio, sia proprio la Ecclesia in Medio Oriente ad illuminare il cammino.