(Milano/g.s.) – Si sono svolte tranquillamente sabato scorso, 20 ottobre, le elezioni amministrative palestinesi per eleggere 93 consigli comunali in Cisgiordania.
Alle urne negli 838 seggi predisposti si è recato però poco meno del 55 per cento degli aventi diritto: 277.153 elettori su 505.006. Il minor afflusso si è registrato a Hebron, che pure tornava a votare per la propria municipalità dopo 36 anni. In città gode di ampio seguito Hamas, che ha boicottato le elezioni ritenendo che non vi fosse un clima di imparzialità e che i suoi eventuali canditati e sostenitori potessero subire intimidazioni. Così il movimento islamista – a ulteriore testimonianza di quanto sia ancora difficile ristabilire un clima di collaborazione tra le principali fazioni politiche palestinesi – non ha neppure indetto le elezioni nella Striscia di Gaza.
Fatah ha così gioco facile a dichiarare la propria vittoria, in attesa degli esiti ufficiali della consultazione. I candidati erano 4.600 e a sfidare Fatah c’erano liste indipendenti o i movimenti dell’area di sinistra.
Gli elettori palestinesi erano andati alle urne per l’ultima volta, a Gaza e in Cisgiordania, tra il 2005 e il 2006, in occasione delle politiche.
Hamas era uscito vittorioso dal voto, ma questo esito fu rifiutato da Israele, Stati Uniti e altri governi occidentali hanno boicottato. Il quartetto per il Medio Oriente (Onu, Usa, Ue e Russia), pose ad Hamas tre condizioni per il dialogo: che il movimento riconosca lo Stato di Israele, rinunci alla violenza, si impegni al rispetto degli accordi internazionali vigenti. Il movimento islamista non ha mai formalmente accolto tali richieste.
Resta l’incognita sulle elezioni legislative (la legislatura parlamentare è scaduta nel 2011), più volte promesse ma continuamente rinviate.