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L’Armenia cristiana che cerca vie nuove. Incontro con mons. Minassian

Giuseppe Caffulli
5 ottobre 2012
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L’Armenia cristiana che cerca vie nuove. Incontro con mons. Minassian
Monsignor Raphael François Minassian.

Incontro con mons. Raphael François Minassian, da qualche mese a Erevan come ordinario per gli armeni cattolici dell’Europa Orientale. Nato a Beirut nel 1946, fino ad un anno fa l'arcivescovo Minassian risiedeva a Gerusalemme come esarca patriarcale. In una breve conversazione ci delinea un profilo della sua nuova comunità.


(Erevan) – «Il Papa, durante il suo recente viaggio in Libano, mi ha chiesto dove si trovasse la mia sede episcopale. Ho risposto: “In aeroporto, Santo Padre”». Ride di gusto, mons. Raphael François Minassian, seduto nel suo studio a Erevan, presso la sede dell’ordinariato per gli armeni cattolici dell’Europa Orientale. Una palazzina nel popolare quartiere di Kanaker, a qualche chilometro dal centro, con una cappella ordinata e pulita, che giusto una decina di giorni fa ha ospitato anche una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinal Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, in visita alle autorità religiose e civili del Paese.

L’arcivescovo Minassian, nato a Beirut nel 1946, fino ad un anno fa risiedeva a Gerusalemme come esarca patriarcale. In precedenza aveva lavorato negli Stati Uniti, come parroco delle comunità armene di California, Arizona e Nevada. «Rispetto all’esperienza di Gerusalemme è tutto cambiato – ci dice –. Ho la responsabilità pastorale degli armeni cattolici in tutte le repubbliche ex-sovietiche e in alcune nazioni limitrofe, un milione circa di fedeli. Per questa ragione sono chiamato a conoscere e a visitare le varie comunità sparse in un territorio vastissimo».

A poche settimane dalla consegna dell’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente ai vescovi della regione, abbiamo incontrato mons. Minassian per chiedergli notizie sulla Chiesa cattolica armena nella nazione che per prima, grazie all’opera di san Gregorio l’Illuminatore, si convertì al cristianesimo nel 301.

«I cattolici di rito armeno nel Paese – spiega – sono circa 230 mila. Si parla di 80 mila fedeli solo a Erevan, il resto nella zona nord del Paese, dove in alcuni villaggi la maggioranza assoluta dei cristiani è di confessione cattolica. Viviamo in un contesto cristiano e dunque non ci sono grossi problemi. Con la Chiesa apostolica cerchiamo di applicare un metodo molto pratico: prima di tutto camminare insieme mettendo in evidenza i punti di comunione. Grazie al cielo tra la Chiesa apostolica e la Chiesa cattolica armena sono pochi i punti di disaccordo. Questo ci permette di capirci e di stimarci, senza fraintendimenti circa il contenuto della nostra fede. Il nostro professare la fede cristiana secondo il rito armeno-cattolico fa parte della Chiesa armena e dell’identità del popolo armeno. Come in un corpo umano ci sono organi e arti con differenti caratteristiche, ma tutte parte del medesimo corpo, così anche noi siamo parte di questa unità, pur nella nostra differenza».

La Chiesa armena apostolica sconta però alcune divisioni interne che non sono state ancora completamente sanate. Nel 1441, infatti, gli armeni di Cilicia (oggi con sede in Libano, ad Antélias), in seguito a divisioni interne, crearono un altro catholicosato, che è oggi in comunione spirituale con Etchmiadzin (sede del patriarca armeno) ma amministrativamente indipendente. Su questo punto mons. Minassian è perentorio: «Queste divisioni storiche non hanno più ragione di esistere e credo sia arrivato il tempo che la Chiesa apostolica cerchi una maggiore unità interna, risolvendo questioni legate a sedi e patriarcati indipendenti. In questo modo sarà più facile trovare poi un cammino di unità anche con la Chiesa cattolica».

Dal punto di vista sociale, la Chiesa cattolica armena è una realtà vivace che agisce anche tramite le opere di assistenza di Caritas Armenia, un ospedale intitolato a Giovanni Paolo II, la presenza delle suore di Madre Teresa che lavorano in opere a favore dell’infanzia. Vi sono poi alcune congregazioni armeno-cattoliche che prestano servizio nelle scuole pubbliche e come catechiste nelle parrocchie. I sacerdoti sono 13 (5 in Georgia, 4 in Russia, altri in Ucraina, Romania…).

Proprio sul versante delle vocazioni l’arcivescovo di Erevan ha qualche cruccio: «Tempo fa c’erano tanti soldi per le vocazioni e zero candidati. Ora abbiamo molti candidati e pochi soldi per garantire il loro percorso di formazione. Quest’anno ho rifiutato 18 candidati, perché non posso mantenerli. Viviamo di donazioni e di elemosine, non avendo introiti stabili che ci permettano di guardare al futuro con tranquillità. Sto pensando a progetti di sviluppo in campo agricolo: potremmo dare lavoro alla nostra gente e nel contempo garantire un introito costante alla nostra Chiesa».

Dopo la lunga parentesi comunista e il dissolvimento dell’Urss, l’Armenia sta faticosamente cercando la sua strada. Ma anche grazie alla cultura e alla lunga tradizione cristiana, mons. Minassian ne è certo, il Paese è sulla strada giusta per disegnare una società più equa e orientata ai valori del bene comune.

«La religione e la fede – osserva l’arcivescovo – sono davvero radicate nel popolo. Credo che questa solidità di valori sia un buon viatico per il futuro. Un punto fermo dal quale ripartire per costruire una società sempre più ancorata alle sue radici cristiane e dove l’essere cristiano continua a costituire un forte segno di identità».

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