(Gerusalemme/m.a.b.) – Ieri mattina, 12 ottobre, è scomparso il patriarca armeno apostolico di Gerusalemme Torkom II Manougian. Era stato eletto 96.mo patriarca armeno di Gerusalemme nel 1990.
Lo scorso gennaio un ictus aveva ridotto il patriarca in stato di incoscienza. In marzo, dopo il ricovero d’urgenza, era stato dimesso dall’ospedale Hadassa di Ein Karem alla volta dell’infermeria del convento francescano di San Salvatore, che ospita i frati anziani e ammalati della Custodia di Terra Santa. Lì Manougian è deceduto alle 9 e 30 di ieri.
Nato il 16 febbraio 1919, in un campo profughi nei pressi della città di Bakouba, a nord di Baghdad (Iraq), fece ingresso nel seminario teologico del patriarcato armeno di San Giacomo a Gerusalemme al termine del primo ciclo degli studi. Fu ordinato diacono nel 1936 e sacerdote nel 1939.
Prima d’essere eletto patriarca nella Città Santa, Torkom II Manougian trascorse una parte importanta della sua vita (38 anni) negli Stati Uniti dove era stato inviato al servizio della sua Chiesa nel 1946. Per 24 anni ricoprì l’incarico di primate della diocesi orientale della Chiesa armena del Nord America.
Poeta, musicista, scrittore… gli ambiti di interesse del patriarca erano molti, che si trattasse di liturgia, di storia del genocidio armeno o della questione dei Luoghi Santi.
Nel 2010, per la prima volta nella storia della Chiesa armena apostolica, gli era stato affiancato un vescovo ausiliare. La notizia era stata data dallo stesso patriarca che si rendeva conto del declino delle sue condizioni di salute. Dopo l’ictus di inizio anno, l’arcivescovo Nourhan Manougian, vicario patriarcale, era stato riconfermato per la gestione degli affari correnti.
I funerali del patriarca si svolgeranno il 22 ottobre prossimo a Gerusalemme.
La presenza armena a Gerusalemme è già attestata nel 95 a.C. Il patriarcato armeno vi fu fondato nel 638, quando il califfo Omar Ibn al-Khattâb (Omar I) proclamò Abramo I decano dei vescovi della Chiesa armena, patriarca degli armeni e capo delle confessioni orientali (assiri, copti ed etiopi) per neutralizzare il potere del patriarca greco-ortodosso Sofronio. L’investitura attirò sugli armeni l’ostilità dei greco-ortodossi, con i quali la Chiesa armena intrattiene rapporti a volte difficili, quando non tempestosi, specialmente nei Luoghi Santi assoggettati al regime dello Status Quo (basilica del Santo Sepolcro e tomba della Vergine a Gerusalemme, e basilica della Natività a Betlemme).
Si stima che nel 1948 gli armeni residenti a Gerusalemme fossero 16 mila. Oggi il numero si è alquanto ridotto: la cifra ufficiale è 2 mila, ma c’è chi ritiene che non superino il migliaio. Questa comunità colta, industriosa e dedita ai commerci ha sopportato a fatica gli esiti del conflitto israelo-palestinese.
«Gli israeliani considerano noi armeni i sopravvissuti al genocidio, ma l’amministrazione israeliana ci vede come dei palestinesi», osserva George Hintlian, una delle personalità armene locali.
La difficoltà nell’ottenimento dei permessi edilizi, la perdita del permesso di residenza in Israele per chi va a studiare o a lavorare all’estero, i ponti d’oro offerti a chi voglia alienare qualche proprietà privata nel quartiere armeno della città vecchia di Gerusalemme, sono fattori che incentivano l’emigrazione di massa.
Un flusso che il patriarcato non ha potuto arrestare, esso stesso sotto pressione nella difesa delle sue importanti proprietà in Israele.
La sua presenza plurisecolare, il ruolo storico, il sostegno che riceve dalla diaspora armena, la responsabilità della gestione dei beni ecclesiastici faranno sì che il patriarcato armeno non scompaia dal panorama della cristianità di Terra Santa. Ma quale volto avrà la sua comunità locale?
È una domanda che si fa sempre più pressante col passare del tempo e con la quale il nuovo patriarca armeno dovrà misurarsi.