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Focherini, giusto e beato

Giorgio Bernardelli
4 ottobre 2012
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Focherini, giusto e beato
Odoardo Focherini, presto beato.

«Giusto tra le Nazioni» lo è già da più di quarant’anni. Presto sarà anche beato. E diventerà il primo italiano ad essere proclamato tale dalla Chiesa per aver salvato degli ebrei dalla persecuzione nazista. Protagonista di questa storia è Odoardo Focherini, laico della diocesi di Carpi, padre di famiglia, amministratore dell’allora quotidiano cattolico di Bologna l’Avvenire d’Italia, che morì a soli 37 anni in un campo di concentramento in Germania proprio per via della sua attività clandestina in favore degli ebrei. Nello scorso mese di maggio il Papa ha firmato il decreto che riconosce il suo martirio, aprendo così la strada alla beatificazione.

Quella di Focherini è una storia che si snoda tra Carpi e Mirandola, nella zona messa in ginocchio recentemente dal terremoto. Ed è il motivo per cui probabilmente bisognerà aspettare ancora qualche mese prima della cerimonia solenne di beatificazione, che come vuole Papa Ratzinger dovrebbe tenersi nel luogo dove è vissuto colui che sale alla gloria degli altari. Ma il decreto sul martirio di Focherini ha già – di fatto – donato un nuovo patrono alle zone oggi tribolate dell’Emilia che Benedetto XVI ha visitato personalmente il 26 giugno scorso. E si tratta di una figura che oggi è possibile conoscere a tutto tondo grazie alla biografia Un giusto tra le nazioni. Odoardo Focherini (1907-1944) che lo storico Giorgio Vecchio ha da poco pubblicato per l’editrice Edb.

Figlio di un immigrato trentino giunto in Emilia dalla Val di Sole, Odoardo nasce a Carpi nel 1907. Suo padre conduce una piccola attività commerciale; lui è il terzogenito che come tanti ragazzi di quel tempo cresce tra la scuola e la parrocchia. Finché, da adolescente, avviene un incontro che si rivelerà decisivo per la sua vita: quello con Zeno Saltini, il futuro fondatore di Nomadelfia, in quegli anni Venti (ancora laico) attivissimo organizzatore della nascente Azione cattolica della diocesi di Carpi. È accanto a lui che il giovane Focherini scopre l’impegno nell’associazionismo cattolico. In una piccola diocesi emiliana che per l’Ac di quell’epoca era una sorta di laboratorio-modello. Il tutto in un contesto politico non certo facile: quelli erano infatti gli anni del confronto-scontro con il modello educativo fascista, con tanto di tensioni interne anche all’Azione cattolica sull’atteggiamento più giusto da tenere nei confronti del regime.

Saranno proprio questi contrasti a portare Zeno Saltini ad abbandonare le responsabilità all’interno dell’associazione. E sarà l’ancora giovanissimo Focherini a raccoglierne a Carpi l’eredità, mantenendo stretti comunque i legami di amicizia con il fondatore di Nomadelfia: Odoardo, ad esempio, nel 1931 sarà in prima linea nell’organizzazione dei festeggiamenti per l’ordinazione sacerdotale di don Zeno. In quello stesso anno Focherini sposa Maria Marchesi, con cui condividerà ogni tappa del proprio cammino. Insieme avranno sette figli, la più piccola delle quali – Paola – nascerà pochi mesi prima dell’arresto. Anche dal punto di vista professionale la vita di Odoardo gravita intorno alle organizzazioni cattoliche: nel 1934 lascia il negozio paterno perché assunto come agente locale dalla Società cattolica di assicurazioni. Intanto da Carpi ha già cominciato a scrivere qualche articolo per il quotidiano cattolico di Bologna l’Avvenire d’Italia, diretto da Raimondo Manzini, altra figura di spicco del laicato cattolico del Novecento. E proprio agli uffici di Bologna del giornale Focherini verrà chiamato nel 1939, in qualità non di giornalista ma di amministratore. Compito sempre delicatissimo in un settore come quello della stampa cattolica dove far quadrare i bilanci è per tradizione un’impresa. Ma è una sfida che Odoardo si sarebbe presto trovato a fronteggiare addirittura nel mezzo di una guerra, con tutte le difficoltà che è facile intuire. Il che la dice lunga sulla stima di cui godeva anche fuori dalla sua città l’allora presidente dell’Azione cattolica di Carpi.

Ed è proprio nell’ambito dei contatti sviluppati attraverso il lavoro per la Cattolica assicurazioni e l’Avvenire d’Italia che Focherini entra il contatto con il dramma degli ebrei. Attraverso alcuni amici conosce la Delasem, l’organizzazione ebraica che aiutava i profughi giunti in Italia per sfuggire alla persecuzione. E che dopo l’8 settembre 1943 fu costretta a entrare in clandestinità. In quei mesi difficilissimi da Carpi, insieme al sacerdote don Dante Sala, Odoardo si dà da fare per organizzare la fuga di diverse decine di ebrei. Focherini procurava documenti falsi e organizzava le partenze dei convogli, don Sala accompagnava personalmente i gruppi a Cernobbio, da dove – di notte attraverso i sentieri di montagna – raggiungevano la Svizzera.

«Per lui – ha raccontato il sacerdote – la nostra attività clandestina era diventata una missione che sentiva di dover compiere senza alcun tentennamento. Era la parola chiara di Cristo che risuonava nel suo cuore tanto generoso: “Qualunque cosa farete a questi vostri fratelli la ritengo fatta a me”. Cito una frase sola,  ma il suo operare era tutto il Vangelo vissuto nella sua vita personale, familiare, sociale, ecclesiale; era una testimonianza completa del come dovrebbe essere la vita di chiunque si professi cristiano».

L’attività di Focherini si interrompe bruscamente l’11 marzo 1944, quando è fermato all’ospedale di Carpi dove è andato a visitare l’ebreo Enrico Donati (e che, grazie al piano ideato da Focherini, riuscirà poi comunque a fuggire). È l’inizio del suo Calvario: prima nel carcere di Bologna, poi nel campo di Fossoli (vicinissimo a casa), infine il trasferimento via Bolzano al lager di Flossemburg, in Baviera. Una prigionia vissuta insieme ad altri cattolici che avevano detto no al nazismo: tra le persone più vicine a Odoardo c’è Teresio Olivelli, l’autore della preghiera dei «ribelli per amore». 

Durante la prigionia il pensiero fisso di Focherini è per la moglie Maria (con cui ha condiviso anche la scelta di assistere gli ebrei) e per i figli. «La prova alla quale è sottoposta la nostra famiglia – scrive in una delle lettere – non è delle più modeste, ma appunto per questa sua gravità inattesa ed eccezionale non potrà che fruttare a favore dei nostri sette bambini e di noi se sapremo accettarla e offrirla per il nostro bene».

«Se tu avessi visto come ho visto io in questo carcere come fanno patire gli ebrei – confida al cognato, durante un colloquio a Bologna -, non rimpiangeresti se non di non aver fatto abbastanza per loro, se non di non averne salvati in numero maggiore».

Focherini muore nel sottocampo di Hernsbruck il 27 dicembre 1944; a essergli fatale è una setticemia dovuta a una ferita alla gamba non curata nelle condizioni disumane in cui vivevano i prigionieri del lager. Solo sei mesi dopo, a guerra finita, la famiglia saprà della sua morte. Già nel 1955 la sua opera in favore degli ebrei verrà onorata dalla Comunità ebraica di Milano con una medaglia d’oro alla memoria. Nel 1969, poi, dalla commissione di Gerusalemme dello Yad Vashem arriverà il titolo ufficiale di Giusto tra le nazioni. C’è, però, un rammarico: finora nella storia del laicato cattolico italiano la memoria della figura di Focherini è rimasta confinata solo nell’ambito della storia locale di quest’angolo dell’Emilia. Un fatto abbastanza inspiegabile se si pensa allo spessore di questa figura.

«Ci si deve pur interrogare – scrive Giorgio Vecchio nelle conclusioni della citata biografia – sui reali motivi per cui una figura come quella di Odoardo Focherini non sia entrata a far parte del pantheon nazionale dell’Azione cattolica, a fianco di Pier Giorgio Frassati, di Giuseppe Lazzati, di Vittorio Bachelet (per non citare che alcuni nomi famosi), pur avendone tutte le caratteristiche: socio e dirigente importante dell’associazione, una vita cristiana privata e pubblica esemplare, un martirio subìto in nome della carità. Analoghe osservazioni possono essere svolte pensando alla professione di Focherini e alla sua passione per il giornalismo». L’imminente beatificazione sarà l’occasione per riscoprire questa grande figura.

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