La maestra di Betlemme che coltiva rose e insegna l’arabo
Una signora dallo sguardo solare racconta la sua storia di donna, madre e insegnante che ha dovuto fare i conti con la mentalità e la società araba. Aida Kattan è nata a Gerusalemme nel 1942, ha studiato a Beit Jala e all’Università di Beirut, ha insegnato arabo per 45 anni nelle scuole di Betlemme, dove risiede tuttora, e dove continua con passione a trasmettere la bellezza della sua lingua a quanti vogliono impararla in poco tempo.
«Ho dovuto lottare con la mentalità innanzitutto di mio marito – spiega la signora Aida – che mi ha costretta a smettere di lavorare quando sono nati i nostri due figli: come la maggior parte degli uomini, preferiva che io stessi a casa. Accettai questa condizione per qualche anno, poi, appena i miei ragazzi furono un po’ più grandicelli, fu una grande sfida riprendere ad insegnare. Continuai con passione a dividermi tra casa e scuola e, alla fine del mio incarico, ricordo la soddisfazione di poter impiegare la liquidazione per finire di costruire la mia bella casa». Un compromesso tra l’impegno casalingo e professionale che, riconosce lei stessa, è concesso più facilmente alle donne arabe cristiane, che da sempre godono di maggiori libertà.
Insegnante di arabo di intere generazioni di studenti, Aida racconta la gioia di venir riconosciuta per strada e salutata con affetto dagli ex allievi. Rimasta vedova qualche anno fa, mentre i figli studiavano in Italia, Aida decide di superare la solitudine della sua casa improvvisamente vuota affittando una camera a ragazze straniere. Una casa in cui gli ospiti tuttora non mancano, dal momento che Aida ha attivato corsi intensivi di arabo per stranieri. Un’attività che la impegna moltissimo perché comporta la preparazione di dispense e il continuo aggiornamento didattico. Ma non è tutto: il giardinaggio è l’hobby prediletto. Qual è il segreto di tanta energia e solarità? «Ho sofferto molto nella vita – confessa lei stessa – ma non voglio che questo si veda; preferisco trasmettere la serenità e la gioia che abitano in me».