Sono ore importanti dal punto di vista diplomatico sul fronte della crisi siriana. A rendere bene l’idea delle difficoltà in cui versa ormai il presidente siriano Assad è la notizia della fuga all’estero del generale Manaf Tlass, una delle figure più importanti dell’esercito. Sfigura la vita delle persone questa guerra. Ma sfigura anche i luoghi: come il celebre Krak dei Cavalieri.
Sono ore importanti dal punto di vista diplomatico sul fronte della crisi siriana. E non tanto per il monito della Conferenza di Parigi secondo cui «Assad deve lasciare». E nemmeno per le rivelazioni di Wikileaks sui rapporti di tanti Paesi occidentali con il regime di Damasco. A rendere bene l’idea delle difficoltà in cui versa ormai il presidente siriano è la notizia della fuga all’estero del generale Manaf Tlass, una delle figure più importanti dell’esercito, che dopo aver lasciato il Paese è atteso proprio a Parigi.
A far capire bene la portata di questa defezione – che non è solo personale, ma di un intero clan – è sul suo blog il professor Joshua Landis, una delle fonti migliori per capire che cosa succede in Siria. Tlass non è semplicemente un amico di vecchia data di Bashar al-Assad, ma il suo principale alleato sunnita. E dietro alla rottura ci sarebbe stato un suo tentativo di mediazione con l’opposizione per evitare un bagno di sangue nella repressione della rivolta in alcuni quartieri di Damasco. Tentativo che non sarebbe andato a genio ai generali alawiti, che premevano invece per il pugno di ferro. Alla luce di tutto questo la coincidenza della defezione di Tlass con la Conferenza di Parigi fa pensare al fatto che il generale – che gode di grande prestigio tra i soldati siriani – sia una pedina sui cui la diplomazia internazionale sta puntando per la transizione. Tolto di mezzo Assad potrebbe essere lui l’uomo di garanzia per gli equilibri della Siria di domani, in modo da evitare comunque quella deriva in stile iracheno che troppi segnali nell’attuale scenario di guerra civile fanno temere.
Staremo a vedere se sarà così. C’è davvero da sperarlo in un contesto in cui – come Terrasanta.net ha ricordato più volte in questi mesi – è molto difficile distinguere tra notizie vere e propaganda. Ciò che è certo è comunque il dramma di una guerra che colpisce indiscriminatamente i più deboli. L’ultimo resoconto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) sulla situazione dei profughi siriani nei Paesi vicini contiene numeri impressionanti: siamo arrivati a una media di 500 nuovi arrivi al giorno, per un totale di 100 mila profughi, composti per tre quarti da donne e bambini. Se la crisi non si risolve c’è il timore che da qui alla fine dell’anno possano diventare 185 mila. Il tutto in un Paese che ha poco più di 20 milioni di abitanti. Una situazione insostenibile che grava su Paesi come la Giordania, che ha già accolto sul proprio territorio migliaia di profughi iracheni.
Sfigura la vita delle persone questa guerra. Ma sfigura anche i luoghi: tra le cronache giunte negli ultimi giorni dalla Siria colpisce un reportage dell’agenzia France Presse dal Krak dei Cavalieri, una delle fortezze più belle del Medio Oriente. Situato nei pressi di Homs – la città martire di questo conflitto – il Krak è un castello medievale, patrimonio dell’Unesco, fatto costruire dall’emiro di Aleppo nell’Undicesimo secolo e poi diventato in epoca crociata la più importante fortezza dell’Ordine Ospedaliero, prima di essere conquistato dai mamelucchi. Era una fortezza strategica allora e lo è tuttora, perché domina il territorio circostante. Per questo motivo – racconta l’Afp – intorno si combatte e muore ancora oggi. Dopo aver perso i quartieri di Homs è diventato la roccaforte per gli insorti sunniti. E l’esercito siriano sta provando a riconquistarlo. Portando il dramma di Damasco anche dentro a queste pietre, così suggestive e cariche di storia.
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