Migliorerà la condizione femminile in Egitto? Il neo-eletto presidente, Mohammed Morsi, alcuni giorni fa ha annunciato la sua intenzione di nominare ben cinque vicepresidenti, tra cui una donna e un cristiano copto. L’iniziativa è la conseguenza del sempre maggiore peso conquistato dalle donne egiziane. Che però chiedono di più.
(Milano/c.g.) – Migliorerà la condizione femminile in Egitto? Il neo-eletto presidente, Mohammed Morsi, alcuni giorni fa ha annunciato la sua intenzione di nominare ben cinque vicepresidenti, tra cui una donna e un cristiano copto. L’iniziativa – novità assoluta per il Paese mediorientale – è la conseguenza del sempre maggiore peso conquistato dalle donne egiziane a partire dalla rivoluzione del 25 gennaio 2011. Peso che potrebbe, però, entrare in rotta di collisione con alcuni orientamenti tradizionalisti della maggioranza musulmana del Paese.
Il quotidiano israeliano Jerusalem Post, riporta che Azza Kamel, leader della ong egiziana Parliament of women, avrebbe dichiarato l’intenzione delle donne leader di ong egiziane di chiedere un incontro con il presidente Morsi, per essere rassicurate sulla presenza di donne nel futuro governo. Secondo la Kamel, nei primi quattro discorsi come presidente, Morsi non si sarebbe mai rivolto alle donne in modo diretto ma, anzi, si sarebbe riferito agli «uomini d’Egitto», solo successivamente specificando che in realtà intendeva parlare sia agli uomini che alle donne. Secondo la Kamel, se il neopresidente adottasse il programma politico del partito Libertà e Giustizia (espressione politica dei Fratelli musulmani – ndr), questo avrebbe come conseguenza «una mancanza di diritti per le donne egiziane che hanno contribuito grandemente alla rivoluzione».
Secondo Hoda Badran, segretaria dell’Unione delle donne egiziane, a causa della sua provenienza dalla Fratellanza Musulmana, sarà difficile per Morsi cambiare il suo atteggiamento verso le donne. L’Unione delle donne egiziane, che si è costituita nel 2011 per iniziativa di oltre mille organizzazioni femminili, il 2 luglio ha lanciato una campagna su Facebook nella quale si chiede alle donne di dichiarare quel che si aspettano dal nuovo presidente, domande che saranno raccolte e presentate al capo dello Stato il prossimo 13 luglio. «Signor presidente, sa che il 40 per cento delle famiglie, in Egitto, è costituito da donne? E sa che metà degli egiziani vivono sotto la soglia di povertà e, di questi, due terzi sono donne?», recita il testo della campagna. «Signor presidente, non chiedo la sua protezione perché non sono malata. Ma chiedo uguali diritti» o «I diritti delle donne sono diritti umani», sono alcuni dei messaggi inviati dalle donne all’apertura della campagna.
La testata copta Al Watani testimonia la difficoltà della condizione femminile in Egitto rilanciando una denuncia dell’organizzazione Egiziani contro la discriminazione religiosa (Mared), nella quale militano anche molte attiviste. Secondo Mared, nelle strade egiziane si starebbe verificando un aumento di aggressioni nei confronti di donne non velate (e quindi non musulmane). Gli aggressori si sarebbero macchiati di offese fisiche e psicologiche, accusando le donne non velate di essere «indecenti» e «immorali» e dichiarando minacciosamente che «ora è arrivato un regime islamico che vi insegnerà la decenza». I firmatari della denuncia, affermando di volersi battere per la dignità e la libertà delle donne, le invitano ad opporsi alle violenze e a denunciare alla polizia le aggressioni.