Solo tra qualche giorno si conosceranno i risultati ufficiali delle elezioni libiche, svoltesi sabato 7 luglio per eleggere il Congresso nazionale libico, che avrà il compito di nominare un nuovo primo ministro e un governo e che guidi il Paese in durante la fase di transizione. Il 60 per cento degli aventi diritto si è recato alle urne. Il futuro resta incerto.
(Milano/c.g.) – Solo tra qualche giorno si conosceranno i risultati ufficiali delle elezioni libiche, svoltesi sabato 7 luglio e finalizzate all’elezione del Congresso nazionale libico: un’assemblea legislativa di 200 membri che avrà il compito di nominare un nuovo primo ministro e un governo e che guiderà il Paese in un delicato periodo di transizione, fino alle nuove elezioni del 2013.
Nonostante ancora manchino i risultati ufficiali, però, due sono le sorprese di queste prime elezioni democratiche dell’ex colonia italiana: innanzitutto, il fatto che le operazioni di voto si siano svolte in modo relativamente pacifico; in secondo luogo il fatto che, a giudicare dalle prime indiscrezioni, in Libia i partiti islamici – a differenza di quanto accaduto in Tunisia e in Egitto – non abbiano ottenuto la maggioranza.
Graf Lambsdorff, capo della squadra di 21 osservatori dell’Unione Europea che hanno seguito le elezioni, ha dichiarato all’agenzia France Presse (Afp) che una grande quantità di elettori si è recato a votare «pacificamente e libera da paura e intimidazioni, nonostante qualche incidente avvenuto della regione a Est del Paese e qualche tensione a Sud». Il capo della Commissione elettorale, Nuri al Abar, ha dichiarato che «nonostante la difficoltà di gestione della giornata, solo 24 seggi su 1.554 non hanno potuto aprire i battenti a causa di sabotaggi, soprattutto nell’area orientale del Paese». In un seggio vicino alla città di Ajdabiya, un uomo armato ha ucciso un elettore e ne ha feriti altri due; il giorno precedente, invece, era stato ucciso un addetto ai seggi che viaggiava su un elicottero carico di materiale elettorale, preso di mira da armi da fuoco. Motivo delle violenze, il risentimento causato dal criterio scelto per la composizione del parlamento: il Consiglio nazionale di transizione – coordinamento di gruppi ribelli che durante la rivolta ha giocato un ruolo chiave contro il dittatore Mohammar Gheddafi e che ha gestito il potere dopo l’uccisione del Colonnello – ha suddiviso i seggi secondo un criterio «demografico», concedendone 100 agli elettori della più popolosa regione occidentale, 60 agli elettori orientali e solo 40 a quelli meridionali. E i movimenti politici dell’Est, già marginalizzati sotto il regime di Gheddafi, non hanno accettato di pesare di meno nel nuovo parlamento, minacciando boicottaggi e proteste.
Tirando le somme dal punto di vista organizzativo, i dati raccontano che si è recato a votare oltre il 60 per cento degli elettori (1,8 milioni sui 2,8 aventi diritto). Le prime indiscrezioni relative allo spoglio delle schede vedrebbe in testa l’Alleanza delle forze nazionali, coalizione che sostiene Mahmoud Jibril, già capo del Consiglio nazionale di transizione. Secondo il quotidiano libico Tripoli Post, alla luce dei primi risultati Jibril avrebbe lanciato un appello all’unità nazionale.
La coalizione di Jibril, di cui non fanno parte i maggiori partiti islamici del Paese, è stata descritta dai media occidentali come «laica e liberale». Ma secondo al Arabiya, Jibril avrebbe rigettato una simile definizione per il suo partito affermando che, invece, l’osservanza della legge islamica è tra i punti fermi del suo programma.
Nonostante l’appello all’unità nazionale, per Jibril, non sarà facile costituire un governo forte: infatti, dei 200 seggi del nuovo parlamento solo 80 sono riservati ai candidati dei partiti, mentre 120 sono riservati a candidati individuali, che fanno riferimento a tribù o gruppi parentali. In queste elezioni sono stati ben 3.707 i candidati in lista nei 72 distretti elettorali in cui è divisa la Libia.