Presidenziali in Egitto, l’ultima sfida. Ma Il Cairo non ha più un Parlamento
Alla vigilia dell’ultimo turno delle elezioni presidenziali, che si svolgeranno nel fine settimana, il voto dei cristiani copti (circa il dieci per cento della popolazione) potrebbe giocare un ruolo decisivo, soprattutto in favore del candidato Ahmed Shafiq. Ma la notizia del giorno è che la Corte costituzionale fa decadere il Parlamento da poco eletto.
(Milano/c.g.) – Alla vigilia dell’ultimo turno delle elezioni presidenziali, che si svolgeranno il 16 e 17 giugno, il voto dei cristiani copti (circa il dieci per cento della popolazione) sembra poter giocare un ruolo decisivo. Tanto che si moltiplicano i tentativi di «corteggiamento» da parte dei due contendenti, Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani, e Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro del deposto presidente Hosni Mubarak.
Il voto dei cristiani copti risulta essere determinante soprattutto alla luce della sentenza della Corte costituzionale egiziana che, in extremis il 14 giugno, ha dichiarato incostituzionale la cosiddetta legge «sulla sospensione dei diritti civili» (provvedimento entrato in vigore ad aprile, che prevedeva l’ineleggibilità alla presidenza della Repubblica di personalità coinvolte negli ultimi dieci anni con il regime Mubarak). In questo modo Shafiq, che rischiava l’estromissione dal ballottaggio, è stato rimesso in gioco a pieno titolo.
Secondo l’edizione digitale in lingua inglese del quotidiano Al-Ahram, buona parte degli elettori copti avrebbero votato al primo turno proprio Shafiq. Ora diventa essenziale, per i Fratelli Musulmani, evitare che ribaidscano la preferenza al candidato di regime. Per Ahram Online gli elettori copti sono un numero compreso tra i 2 milioni e mezzo e i 3 milioni. Almeno un 40 o 50 per cento di loro al primo turno avrebbe votato Shafiq, mentre un altro 30 per cento si sarebbe espresso in favore di Hamdeen Sabbahi, il candidato giunto terzo. Quest’ultimo gruppo di elettori potrebbe non recarsi più alle urne il prossimo fine settimana.
Mohamed Badie, la guida suprema dei Fratelli Musulmani, secondo il quotidiano Egypt Independent, ha chiesto a tutti gli elettori di non disertare le cabine elettorali, invitando in particolar modo i cristiani copti a considerare l’interesse della nazione: «Siete i nostri fratelli e la riforma della patria è la riforma di tutti, cristiani e musulmani – ha dichiarato Badie -, poiché abbiamo tutti sofferto per le lotte settarie e la politica volta ad alimentare le divisioni, messa in atto durante il passato regime; un regime che senza dubbio non volete riportare al potere».
In un’intervista rilasciata all’emittente degli Emirati Al Arabiya, e ripresa da Ikhwan, il sito dei Fratelli Musulmani egiziani, il vescovo copto Pasanty (anche traslitterato in Picenty o Bassanti – ndr), della diocesi di Helwan e Maasara, ha dichiarato che anche un presidente musulmano sarebbe il benvenuto, a patto che rispetti le libertà civili e i diritti dei cristiani: «Se sarete eletto presidente – ha dichiarato il vescovo, rivolgendosi al candidato dei Fratelli Musulmani, Morsi -, ricordatevi ciò che avete detto, ovvero che i cristiani e i musulmani hanno uguali diritti e doveri. Se rispetterete questo principio, noi vi rispetteremo come presidente dell’Egitto». Sempre Ikhwan riporta la notizia di un incontro tra una delegazione copta, di cui facevano parte anche i vescovi Bakhoum e Wissa, con una delegazione di partiti guidata dai Fratelli Musulmani. Il vescovo Wissa, in particolare, avrebbe assicurato che i cristiani non hanno alcuna paura dei Fratelli Musulmani, perché la relazione che questi ultimi hanno avuto con i copti, negli anni, è sempre stata improntata al rispetto.
In particolare, nei loro interventi i vescovi hanno sempre voluto assicurare ai Fratelli Musulmani di non aver dato alcuna istruzione agli elettori rispetto al candidato da votare, smentendo la notizia diffusa sulla stampa di una precisa indicazione dei vertici della Chiesa copta a favore di Ahmed Shafiq.
Tuttavia in generale i copti si orienterebbero su Shafiq poiché sembrano temere lo strapotere islamico negli organi di governo del Paese. In questo senso, potrebbe tranquillizzarli la sentenza emessa dalla Corte costituzionale del 14 giugno. La Corte ha infatti anche dichiarato l’incostituzionalità di alcuni articoli della legge elettorale con cui è stato eletto il nuovo parlamento egiziano (dominato dagli islamisti) decretandone così lo scioglimento.