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«In Egitto i cristiani attendono il presidente Morsi alla prova dei fatti»

Carlo Giorgi
26 giugno 2012
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«In Egitto i cristiani attendono il presidente Morsi alla prova dei fatti»
Il neo eletto presidente della Repubblica Egiziana, Mohammed Morsi.

«La maggioranza dei cristiani, per paura della politica religiosa dei Fratelli Musulmani, ha votato per il generale Ahmed Shafik. Le prime parole del neo eletto presidente però ci hanno rassicurati: speriamo bene». Così dall'Egitto monsignor Youhannes Ezzat Zakaria Badir, vescovo dei copto-cattolici di Luxor. Le speranze sul futuro in un'intervista a Terrasanta.net.


(Milano) – «La maggioranza dei cristiani per paura della politica religiosa dei Fratelli Musulmani ha votato per il generale Ahmed Shafik. Le prime parole del neo eletto presidente però ci hanno rassicurati: speriamo che le buone intenzioni diventino realtà. Rimaniamo in attesa di vedere nei fatti la politica del nuovo governo». Monsignor Youhannes Ezzat Zakaria Badir, vescovo dei copto-cattolici di Luxor, commenta con prudenza e moderato ottimismo – pur con qualche legittima critica – il risultato delle elezioni presidenziali egiziane appena concluse.

«I Fratelli Musulmani hanno usato tutti i mezzi, legittimi e illegittimi, nella loro campagna elettorale per favorire e far vincere il loro candidato Mohammed Morsi – racconta monsignor Zakaria -. Lo hanno presentato come il rappresentante e il modello del pio musulmano, facendo leva sul forte senso religioso della popolazione egiziana. Hanno presentando l’altro candidato, il generale Ahmed Shafik, come un laico ateo e anti religioso, un amico dell’ex presidente Hosni Mubarak, un controrivoluzionario, contrario alla rivolta dei giovani e al cambiamento del Paese. Nonostante questa crudele propaganda elettorale, il candidato dei Fratelli Musulmani ha vinto con una percentuale molto ridotta di elettori: infatti, ha ottenuto il 51,7 per cento dei voti, contro il 48,3 per cento di Ahmed Shafiq. Mentre solo il 51,6 per cento degli elettori aventi diritto si è recato alle urne. Questo risultato, a mio avviso, significa soprattutto che il popolo egiziano, dopo una dittatura militare di 60 anni, non è ancora in grado di scegliere il proprio presidente. Credo che ci voglia del tempo per arrivare ad una maturità politica. Inoltre, il risultato indica che più del 50 per cento degli egiziani è contrario alla creazione di un rigido Stato religioso e all’applicazione della legge islamica. Considero comunque questa elezione come il primo passo verso la democrazia, sulla via della civilizzazione».

Come hanno preso i cristiani della sua diocesi l’elezione del nuovo presidente?
La maggioranza dei cristiani egiziani, per paura della politica religiosa dei Fratelli Musulmani, ha votato per il generale Ahmed Shafik, sperando che vincesse. Dopo la dichiarazione ufficiale del risultato, però, con spirito democratico tutti gli egiziani, musulmani e cristiani, hanno accettato l’esito delle elezioni. Le prime parole del neo eletto presidente sono state ascoltate, in particolare dai cristiani, con soddisfazione: il suo discorso ha dato tranquillità, in particolare l’affermazione di voler essere il presidente di tutti gli egiziani, di migliorare l’economia, di trattare bene le donne, i copti, i nubiani del Sud, i beduini del Sinai e delle oasi, e anche di voler rilanciare il turismo. Speriamo che queste buone intenzioni diventino realtà e siano realizzate nella vita degli egiziani, che la situazione dei cristiani migliori. È vero che i Fratelli Musulmani durante la campagna elettorale hanno fatto alcune dichiarazioni preoccupanti in tema di libertà religiosa, donne e turismo, ma occorre distinguere tra la propaganda e le azioni concrete che verranno intraprese una volta al governo.

Che cosa chiedono i cristiani al nuovo presidente?
I cristiani chiedono un governo civile, libertà religiosa per tutte le minoranze, come i cristiani, i musulmani non sunniti e i bahai, rispetto dei diritti umani e della dignità di ogni persona; sicurezza per i cittadini, lavoro per i giovani e i disoccupati.

Cambia la situazione dei cristiani oggi in Egitto?
La situazione rimane la stessa che viviamo da secoli, ovvero quella di una lotta continua. Noi cerchiamo di vivere la nostra fede cristiana e di conservala e testimoniarla con coraggio e amore. Siamo abituati alle difficoltà e ai problemi di ogni giorno. Sono questa sfida religiosa e questa lotta quotidiana, in fondo, che ci danno uno spirito vivo e forte e portano i cristiani dell’Egitto a essere più fedeli alla parola del Vangelo, pieni di vitalità, forza e coraggio. Così, le nostre parrocchie e i nostri monasteri diventano centri attivi di spiritualità, di testimonianza, di solidarietà e di fratellanza. Molti cristiani egiziani pensano che abbiamo già passato, negli ultimi giorni, il peggio; speriamo in futuro di vedere un miglioramento della libertà religiosa, del rispetto dei nostri dritti e della nostra dignità umana.

Ora vi sentite più o meno sicuri di prima?
Innanzitutto bisogna dire una cosa: i cristiani egiziani si sentono sicuri a motivo della loro fede; la nostra sicurezza e la nostra forza è il nostro buon Dio, Signore della storia dell’uomo. Attraverso i secoli, la Chiesa e i cristiani dell’Egitto si sono appoggiati solo sulla roccia della loro fede in Gesù Cristo, e non hanno mai chiesto aiuto o soccorso ai potenti del mondo. Oggi, la loro sicurezza non è aumentata o diminuita. Rimaniamo però in attesa di vedere la politica del nuovo presidente e del suo governo.

Cosa si augura per tutto il popolo egiziano?
Spero che il popolo egiziano inizi bene il cammino della democrazia per costruire una società civile, dove tutti vivano con un vero spirito d’amore, di pace e di felicità.

 

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