In questi ultimi anni stiamo vivendo in Medio Oriente un periodo di vicissitudini e turbolenze che la stampa mondiale ha qualificato come «Primavera araba». Prima l’Egitto e ora la Siria, sono entrati uno dopo l’altro in momenti difficili. Israele, Libano e Palestina ci stavano già da tempo. Guerre e rivoluzioni usano trascinarsi dietro una catena di tragedie umane di fronte alle quali tutto il resto appare necessariamente ridimensionato.
Queste vicende politiche hanno lasciato una traccia dolorosa anche sullo sviluppo delle ricerche scientifiche nel campo della storia, dell’arte e dell’archeologia. Paradigmatico fu nel 2003 il saccheggio del Museo e dell’Archivio nazionale di Baghdad che provocò la distruzione o dispersione irrecuperabile di tesori di cultura accumulati per secoli, già patrimonio dell’umanità. Il medesimo dramma, in scala evidentemente ancora più grande, avrebbe potuto riprodursi anche al Cairo nel 2011. Di fatto i danni furono limitati questa volta a pochi oggetti scomparsi. Prossimamente sarà la volta di Damasco? Allo stato attuale nessuno può dirlo. Le battaglie a colpi di cannoni e granate distruttrici di vite umane a Homs e a Hama, in Siria, in che stato lasceranno i mosaici romani e bizantini riportati alla luce negli anni precedenti in queste come in altre città della valle dell’Oronte? Il celebre archeologo francescano padre Michele Piccirillo, scomparso nel 2008, nei suoi ultimi anni aveva fatto molto per la conservazione e divulgazione di tali artefatti e così anche, lungo tutta una vita, il nostro padre Pasquale Castellana deceduto in Aleppo a 90 anni di età il 28 aprile scorso. Antichità e reliquie del passato appartengono a una categoria di elementi fragili, conservati spesso per caso, che facilmente e per caso rischiano di scomparire di nuovo nel nulla.
Nei Territori Palestinesi la cappa di incertezza che pesa sul domani non arriva a compensare del tutto quella che sembra essere una certa maggiore libertà di azione e movimento paradossalmente concessa negli ultimi anni, nonostante lo stallo apparente del cosiddetto «processo di pace». A Sebastiya. l’antica Samaria, prosegue il recupero architettonico e ambientale del santuario della Tomba di Giovanni Battista con la cooperazione di istituzioni tra cui figura in primo piano l’Associazione Ats-Pro Terra Sancta, legata alla nostra Custodia. A Nablus il patriarcato greco ortodosso ha portato a termine e rimesso a nuovo la chiesa del pozzo di Giacobbe, detto anche «della Samaritana».
Nella stessa città si prepara, da parte di una missione congiunta olandese e palestinese, la ripresa degli scavi di Tell Balata, corrispondente alla biblica Sichem. Resta però sempre vivo il contenzioso attorno alla Tomba di Giuseppe, e continua a permanere sotto totale controllo israeliano il vicino Monte Garizim. Sulla strada tra Gerico e Gerusalemme è stato aperto un nuovo museo, presso l’Albergo del Buon Samaritano, dove sono esposti preziosi mosaici e altri elementi di chiese e sinagoghe (tanto ebraiche quanto samaritane) ritrovate dagli archeologi israeliani lungo gli anni passati in diverse parti della Giudea e Samaria e di Gaza. Nella città di Gerico è ricominciata intanto l’attività dell’Università della Sapienza di Roma, dopo un’interruzione durata una decina di anni in seguito alla seconda intifada, e il Tell es-Sultan è di nuovo visitabile dai turisti, guidati da una ordinata presentazione dei resti archeologici. Anche la vicina fonte «di Eliseo» è stata ristrutturata e inserita in un gradevole ambiente naturale.