Un fuoco che si accende «per miracolo», una moltitudine di fedeli in trepida attesa, che esplodono in urla di gioia nel momento in cui si intravede la luce all’interno dell’edicola che racchiude la tomba vuota del Risorto. È il rito del Fuoco Santo celebrato dai cristiani ortodossi nella basilica della Risurrezione a Gerusalemme la vigilia di Pasqua.
(Gerusalemme) – Un fuoco che si accende «per miracolo», una moltitudine di fedeli in trepida attesa, già dalle prime ore del mattino, che esplodono in urla di gioia nel momento in cui si intravede la luce all’interno dell’edicola che racchiude la tomba vuota del Risorto. È il rito del Fuoco Santo nella basilica della Risurrezione (o del Santo Sepolcro), cerimonia che suggella una settimana colma di avvenimenti e celebrazioni nella Città Santa, e che porta la Chiesa ortodossa verso la festa più importante dell’anno. Il Santo Sepolcro in questo Sabato Santo (14 aprile) è infatti colmo di fedeli ortodossi, giunti a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, che secondo il calendario giuliano usato dalla Chiesa ortodossa cade una settimana dopo la Pasqua cattolica.
Tutta la città vecchia, in questo giorno è un fermento di canti, di musiche, di preghiere e cerimonie: ogni Chiesa e ogni rito segue le sue tradizioni, ma tutte queste convergono e animano la basilica del Santo Sepolcro.
Sul piazzale antistante e nelle varie vie laterali, diversi sbarramenti della polizia israeliana cercano di garantire l’ordine. Le signore col capo coperto da fazzoletti colorati mostrano i passaporti e gridano «Ellas», «Russia», «Georgia», «Rumania». Non tutti riusciranno ad entrare nell’edificio sacro, nonostante i lunghi viaggi fatti per arrivare fin qui e nonostante le varie ore di attesa. Il Santo Sepolcro in ogni modo si popola di gente, e di fasci di candele: ognuno è pronto per ricevere il Fuoco Santo, lo aspetta, lo invoca. Il silenzio all’interno della Basilica è intervallato da preghiere sommesse, da grida e canti. È un’attesa partecipata e carica di emozione.
La cerimonia prevede che il patriarca greco-ortodosso Teofilo III entri nella cappella della Tomba vuota e mentre si trova in preghiera, verso le due del pomeriggio, appaia in modo spontaneo e improvviso un fascio di luce, che inizialmente non brucia ma lampeggia e illumina. Dal di fuori si fanno sempre più incalzanti i Kyrie Eleison, si levano le mani con i ceri e le candele, l’atmosfera si carica di tensione. Dalla luce entrata in modo miracoloso nell’edicola al centro del Sepolcro, il patriarca accende il proprio cero e, una volta uscito, il Fuoco Santo si espande a grande velocità tra i fedeli. C’è chi piange, chi canta, chi esplode di gioia. Tutti accendono le loro candele, o i fasci da trentatré ceri, trentatré come gli anni di Cristo. Molti hanno portato una lanterna per poter conservare la fiamma e portarla intatta fino al proprio paese, alla propria chiesa di origine, in Russia, Grecia, Romania, Ucraina…
Secondo la tradizione, il Fuoco Santo non brucia per i primi dieci minuti: così i fedeli ortodossi passano le mani dentro la fiamma, e con le candele accese si fanno grandi segni della croce. Anche quest’anno il miracolo è avvenuto. Le celebrazioni continuano all’interno del Sepolcro, con le processioni delle varie Chiese intorno all’edicola, ma i fedeli ortodossi spingono per uscire dalla basilica, per portare a casa la loro fiamma e andare verso la Pasqua già carichi della nuova luce.