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Al Cairo ancora tutti in piazza

Giorgio Bernardelli
20 aprile 2012
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Manca appena un mese al primo turno delle elezioni presidenziali in Egitto (in programma il 23 e 24 maggio) e la situazione si fa ogni giorno più incandescente. Pochi giorni fa parecchi candidati sono stati esclusi dalla competizione. Così praticamente tutte le forze politiche oggi sono di nuovo in piazza Tahrir per protestare, ciascuna con obiettivi diversi...


Manca appena un mese al primo turno delle elezioni presidenziali in Egitto (in programma il 23 e 24 maggio) e la situazione si fa ogni giorno più incandescente. Così praticamente tutte le forze politiche oggi sono di nuovo in piazza Tahrir per protestare, ciascuna con obiettivi diversi.

La notizia della settimana è stato il verdetto della commissione elettorale che – per ragioni diverse – ha escluso dalla competizione i tre candidati su cui negli ultimi giorni si erano più polarizzata l’attenzione. Niente corsa alla presidenza, dunque, per Khairat al Shater, il miliardario esponente dei Fratelli musulmani: non è trascorso abbastanza tempo dalla sua liberazione dal carcere. Ma porte sbarrate anche a Omar Suleiman, l’ex capo dei servizi segreti dell’ex presidente Hosni Mubarak, sceso in campo all’ultimo minuto come candidato per «riportare ordine» nel Paese. Paradossale poi l’esclusione del candidato salafita Hazem Abu Ismail: gli si è rivoltata contro la norma anti-stranieri che proprio i salafiti avevano voluto. È venuto fuori, infatti, che l’anziana madre aveva ottenuto la cittadinanza americana. A restare in corsa sono dunque soprattutto Amr Moussa, l’ex leader della Lega araba, considerato il candidato moderato, e il medico islamista Abu el Foutuh fuoriuscito mesi fa dai Fratelli musulmani. Anche se va aggiunto che il movimento che ha raccolto più consensi alle elezioni legislative, temendo l’esclusione di al Shater, ha comunque già presentato anche un altro suo candidato, il presidente del partito Mohamed Morsi. La situazione, dunque, è intricatissima e questo non fa che accentuare il malcontento di quell’ala liberale che diede inizio alla rivoluzione del 2011. Per sondare gli umori basta leggere l’articolo che Mona Eltahawy – blogger egiziana che vive negli Stati Uniti, ma ha partecipato in prima persone al movimento, venendo anche arrestata dai militari al Cairo – ha dedicato alla vicenda sul Guardian. Il titolo parla da solo: «Un insulto all’Egitto rivoluzionario. La mancanza di candidati decenti alle elezioni presidenziali evidenzia la povertà di scelte che l’Egitto si trova di fronte».

Come accennavamo all’inizio, in questa situazione di caos assoluto oggi il Cairo è di nuovo in piazza Tahrir. Teoricamente sarebbe la prima manifestazione unitaria contro la giunta militare dopo quella del 25 gennaio, l’anniversario della rivoluzione. In realtà di unitario c’è ben poco, come testimoniano i sei palchi diversi montati nel luogo simbolo della primavera araba. A convocare la manifestazione erano stati proprio i giovani del movimento 6 aprile, l’ala più liberale, per chiedere che l’Assemblea costituente sia davvero un organismo aperto a tutta la società egiziana e per rinnovare ai militari la richiesta di un passo indietro. Dopo le esclusioni eccellenti, però, anche gli islamisti si sono «uniti» alla manifestazione. Di fatto per i Fratelli Musulmani è un corteo a sostegno del nuovo candidato Mohamed Morsi, mentre per i salafiti quella di oggi è la prova di forza dopo l’esclusione del loro esponente Abu Ismail.

Va aggiunto, comunque, che a un mese dalle urne il voto degli elettori che alle legislative diedero complessivamente il 70 per cento dei consensi alle due maggiori forze islamiste, rimane un rebus. Perché i primi sondaggi condotti sui candidati (effettuati prima delle esclusioni eccellenti) davano un risultato molto modesto a Khairat al Shater – l’esponente dei Fratelli musulmani. Al contrario il salafita Abu Ismail si piazzava subito dietro ad Amr Moussa, seguito però da Abouel Fotouh, che pur correndo da solo conta un discreto numero di sostenitori. Fotouh è espressione dell’ala più moderata degli islamisti, quella che per prima si era unita alle rivendicazioni di piazza nei giorni del braccio di ferro con Mubarak. Ed è un candidato che sta cercando di pescare tra gli scontenti, accreditando di sé un’immagine di leader equilibrato.

Qualche settimana fa è stato anche ospite per una serata dell’università dei gesuiti del Cairo, dove per un paio d’ore si è sottoposto alle domande di un pubblico prevalentemente cristiano, dichiarando anche che nel suo Egitto non ci saranno cittadini di serie B. Come racconta la cronaca della serata proposta da Zeinobia sul suo blog, da qui a dire che abbia convinto ce ne corre. Si tratta, però, di un candidato da tenere ben presente in questo voto dall’esito incertissimo. Soprattutto in un sistema elettorale che, dopo il primo turno, prevede un ballotaggio tra i candidati più votati.

Clicca qui per leggere l’articolo di Mona Eltahawy sul sito del Guardian

Clicca qui per leggere l’articolo di Egypt Independent sulla manifestazione

Clicca qui per leggere l’articolo di Zeinobia sull’incontro con Abouel Fotouh dai gesuiti

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