Nelle scorse settimane una collega giornalista mi chiedeva lumi sul significato della presenza cristiana in Medio Oriente a un anno dalla Primavera araba e a breve distanza da una serie di tornate elettorali che hanno visto trionfare i partiti islamici. Una domanda alla quale non è facile rispondere, senza prendere in esame la situazione di ogni singolo Paese, che merita precisazioni e distinguo. Una riflessione autorevole su questo tema si è però svolta ad Antelias (Libano), dal 24 al 28 gennaio scorso, in un convegno organizzato dal Consiglio ecumenico delle Chiese. Tra gli interventi, anche quello di padre Bulos Rouhana, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, che si è soffermato in particolare sulle relazioni islamo-cristiane nelle società pluraliste, che si fondano sul principio della dignità umana. «Dignità – ha spiegato padre Bulos – che trae la sua forza dalla fede condivisa nel Dio unico, creatore di tutti e Padre di tutti».
Ogni essere umano, secondo la tradizione cristiana, è degno di considerazione, indipendentemente dalla razza, dal Paese e dall’appartenenza religiosa. Ma la religione, a causa della miopia di molti credenti, è spesso motivo di tragedie, invece che occasione di liberazione, incontro e dialogo.
Alla luce di questa situazione, qual è allora il ruolo dei cristiani? «Si tratta di un danho (parola siriaca che significa “rivelazione, proclamazione”) – spiega ancora padre Bulos -, una presenza che rivela una vocazione e un messaggio. Nella tradizione siriaca, il battesimo di Gesù nel Giordano, è un atto di danho, una rivelazione; è la proclamazione dell’identità reale di Gesù e della sua missione pubblica».
Allo stesso modo i cristiani, tramite il battesimo, diventano parte del dahno. Annunciatori cioè di una specifica missione: essere testimoni di una nuova umanità, che non è esclusiva, ma inclusiva. Che è attenta ai diritti di tutti e ai valori religiosi comuni, capaci di unire e arricchire vicendevolmente le persone di buona volontà. Essere «messaggio di una nuova umanità», insieme ai fratelli musulmani e ai fedeli delle altre religioni, significa non demordere – in Oriente come in Occidente – dalla ricerca del bene comune (via difficilissima e a volte segnata dal martirio), per conseguire ciò che è gradito a Dio e ciò che eleva gli uomini al più alto livello di umanità.