Tra i cristiani che pregano al Santo Sepolcro di Gerusalemme, sono i più vicini al cielo. Mentre latini, greco ortodossi e rappresentanti di altre confessioni cristiane, si spartiscono da secoli l’interno della basilica, esiste una piccola comunità di monaci che è totalmente estranea a simili antagonismi; poiché, del Santo Sepolcro, si accontenta di «abitare» il tetto. Si tratta della comunità dei monaci della Chiesa ortodossa etiopie che vive nel monastero di Deir al Sultan (il monastero del sultano), in uno spazio affacciato alla parte superiore dell’abside della basilica. Il monastero si raggiunge seguendo la via crucis della città vecchia di Gerusalemme.
All’altezza della nona stazione, infatti, in corrispondenza della chiesa copta di Sant’Elena, eretta nel luogo dove Gesù cadde per la terza volta, si trova l’ingresso al chiostro degli etiopi. Nel cortile di pietra bianca si affacciano le celle dei monaci, erette nel diciannovesimo secolo; sul perimetro del chiostro si nota qualche seggiola di legno, usata dai monaci per pregare e riposarsi. Nessuna ostentazione di ricchezza, né ori, né argenti. Gli unici segni religiosi sono piccole croci di legno ad indicare l’accesso alle due cappelle della comunità. Nonostante la modestia del luogo, solo qui – in tutta Gerusalemme – il pellegrino può godere di uno spettacolo mai visto: alzando lo sguardo, scopre infatti di essere ad un passo dalla grande cupola sormontata dalla croce dorata del Santo Sepolcro. I monaci di Deir al Sultan fanno parte della piccola comunità della Chiesa etiope in Terra Santa, poche dozzine di monaci e monache in tutto. Nonostante questo dal 1989 (anno in cui Etiopia e Israele hanno riallacciato le relazioni diplomatiche), il flusso di pellegrini etiopi è aumentato; d’altra parte la comunità etiope vanta una storia secolare in Terra Santa: le prime testimonianze della sua presenza a Gerusalemme risalgono al IV secolo. All’inizio del sedicesimo secolo un pellegrino tedesco di nome Bernhard von Breidenbach racconta di avere incontrato alcuni fedeli etiopi a Gerusalemme: «Queste genti si riunivano con impazienza per le celebrazioni – spiega Breidenbach -, uomini e donne iniziavano ad esultare e a battere le mani, a riunirsi in cerchio… il fervore e la devozione erano tali da renderli alla fine esausti».
Nel 2008 il quotidiano israeliano Haaretz lanciò un allarme riguardante un eventuale cedimento strutturale del monastero. Allarme poi rientrato. La comunità etiope potrà rimanere ancora a lungo a contemplare il cielo dal Santo Sepolcro.