Un anno fa il Medio Oriente esplodeva in quella che – forse troppo frettolosamente – i media hanno chiamato la «Primavera araba». Una stagione di cui i giovani, con le loro ansie di giustizia e il loro desiderio di partecipazione e democrazia, sono stati e sono protagonisti .
E proprio dai giovani, nonostante le difficoltà presenti, può venire «una nuova speranza» di fronte al «senso di frustrazione per la crisi» che colpisce la società, l’economia e il lavoro, in Oriente come in Occidente. È questa la convinzione del Papa che fa da sfondo al messaggio per la quarantacinquesima Giornata mondiale della pace, che si celebra il primo gennaio.
Benedetto XVI registra le «preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie regioni del mondo». E vi ravvisa «il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro».
Quali strumenti mettere in campo per rispondere a queste aspettative? Il Papa richiama tutti noi ad operare in una «prospettiva educativa» che tenga in giusta considerazione «i fermenti e la spinta ideale» di cui i giovani sono portatori.
Richiamando i genitori, primi educatori, al loro compito di formare «alla giustizia e alla pace», il Papa esorta ad un impegno per «la formazione integrale della persona, inclusa la dimensione morale e spirituale dell’essere». E invita i leader delle comunità nazionali a «ricercare adeguate modalità di ridistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti». Parole che suonano come un monito anche per chi, nei Paesi del Medio Oriente, continua a perseguire una strada autoritaria nella gestione della cosa pubblica.