Un ministro, un ayatollah, un teologo musulmano, un consigliere del gran muftì libanese, il custode di Terra Santa e sei vescovi, tre importanti firme del giornalismo mondiale, tre docenti universitari. Curato da Vittorio Ianari, Cristiani e musulmani in dialogo è un volume che raccoglie i contributi di interlocutori competenti, chiamati ad esprimersi su una questione epocale come la presenza dei cristiani in Medio Oriente e a riflettere sul loro ruolo e destino.
Un ministro, un ayatollah, un teologo musulmano, un consigliere del gran muftì libanese, il custode di Terra Santa e sei vescovi (tra cui i capi delle tre maggiori Chiese di Aleppo), tre importanti firme del giornalismo mondiale, tre docenti universitari. Curato da Vittorio Ianari, Cristiani e musulmani in dialogo è un volume che raccoglie i contributi di interlocutori competenti, chiamati ad esprimersi autorevolmente su una questione epocale come la presenza dei cristiani in Medio Oriente, riflettere sul senso della loro condizione minoritaria, sul loro ruolo e sul loro destino.
Come afferma Ianari, «Questo volume nasce da una passione antica della Comunità di Sant’Egidio per la storia e le problematiche di una presenza cristiana radicata nel contesto mediorientale dal tempo apostolico. Tale attenzione, con gli anni, si è tradotta in una domanda che, partendo dalle durezze della condizione presente, vuole andare più in profondità per trovare prospettive future di coabitazione». Vale a dire, non basta, per quanto possa sembrare comprensibile, accusare il dato di una minoranza che dall’Iraq all’Egitto viene variamente perseguitata; costretta, e non è la peggiore delle ipotesi, all’esilio. «L’aspetto multiculturale e multireligioso – dice ancora Ianari – non è un patrimonio allogeno che il Medio Oriente deve importare. Anzi, si può dire che è proprio in questa regione che storicamente il pluralismo ha trovato il suo bacino di coltura. E si vede bene la necessità che tale patrimonio, iscritto nel codice genetico delle società del Medio Oriente, non resti un nostalgico sguardo al passato, ma risulti un obiettivo per il futuro. Paradossalmente, più la crisi diviene acuta e più questa prospettiva appare vitale a cristiani e musulmani assieme». Cristiani che, pure vessati, non emigrano e non costituiscono ghetti; musulmani che resistono alla propaganda anti-occidentale e compiono una «revisione culturale» tale da vedere nelle sofferenze dei cristiani anche le proprie: come raggiungere obiettivi così ambiziosi? La strada più lunga, la migliore, è quella dei rapporti attraverso cui le individualità interagiscono e, con ciò, si realizzano.
Gli interventi contenuti nel volume, assai differenti per approccio e temi trattati, presentano talvolta intuizioni condivise, sia sui problemi, sia sulle possibili soluzioni; così, ad esempio, Mohammed Krichen dell’emittente televisiva al-Jazeera e Tarek Mitri ministro dell’Informazione in Libano pongono l’accento specificatamente sulla «percezione globalizzata della realtà» causata dai media (cioè il leggere eventi locali, come la caduta di Saddam Hussein o il conflitto israelo-palestinese, come meri riflessi dello scontro mondiale tra Ummah islamica e cristianità); altri contributi (come quelli di fra Pierbattista Pizzaballa e del vescovo Louis Sako) presentano sinteticamente e in modo assai pragmatico gli ostacoli più gravi e ricorrenti verso la coabitazione delle diverse componenti religiose. Altri ancora, – è il caso di mons. Antoine Audo, Marco Impagliazzo, Mohammed Sammak – presentano il tragitto umano, politico e religioso di alcune figure-ponte tanto in ambito cristiano che musulmano (come Rafic al-Hariri, il vescovo Duval, padre Osseirane); gente illuminata come il gran muftì di Siria Sheykh Ahmad Kaftaro, morto nel 2004, che una volta ebbe a dire a un ambasciatore che in Siria c’erano sedici milioni di cristiani e sedici milioni di musulmani: in tutto, sedici milioni di abitanti.