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Il nuovo Egitto, certezze e dubbi

Giorgio Bernardelli
12 dicembre 2011
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Molto si è scritto in questi giorni sui primi esiti del voto in Egitto, un procedimento complesso che si concluderà solo ai primi di gennaio. L’elemento dominante è stata evidentemente l’analisi della sconfitta delle forze liberali, protagoniste dei moti di piazza Tahrir. Tolto di mezzo Mubarak, si è detto, gli islamisti sono passati all’incasso. Ci sono però tre elementi che rendono la situazione più complessa di quanto si potrebbe pensare.


Nel macchinosissimo sistema elettorale egiziano il 14 dicembre scatta l’ora del voto per un secondo gruppo di governatorati. E bisognerà aspettare fino al 3 gennaio per il terzo e ultimo gruppo. Ormai, però, c’è ben poco di sorprendente da aspettarsi dai risultati: già la prima tornata ha dato un verdetto chiarissimo e cioè la vittoria delle forze islamiste. Con tutte le preoccupazioni che questo comporta per la comunità copta, che rappresenta il 10 per cento della popolazione del Paese.

Molto si è scritto in questi giorni sui dati del voto nei governatorati del Cairo e di Alessandria, dove i Fratelli Musulmani hanno preso quasi il 40 per cento dei voti e i salafiti di al Nour oltre il 20 per cento. L’elemento dominante è stata evidentemente l’analisi della sconfitta delle forze liberali, protagoniste dei moti di piazza Tahrir. Tolto di mezzo Mubarak, si è detto, gli islamisti sono passati all’incasso. Se questo quadro di fondo è assolutamente innegabile, a mio avviso ci sono però tre elementi che rendono la situazione al Cairo un po’ più complessa rispetto a quanto si potrebbe pensare. E che peseranno parecchio sul futuro dell’Egitto.

Intanto: siamo sicuri che abbia davvero un senso sommare tra loro i voti dei Fratelli Musulmani e quelli dei salafiti? Da un punto di vista politico quella con i salafiti sarebbe l’alleanza più problematica per i Fratelli Musulmani: sono infatti un concorrente estremamente pericoloso e non a caso – come racconta al Masry al Youm – nei ballottaggi i Fratelli Musulmani hanno cercato il consenso dei moderati contro i salafiti. La leadership del movimento ha ben chiaro l’obiettivo di ottenere una legittimazione internazionale del proprio futuro governo; sanno che l’Egitto è un Paese strategicamente troppo importante perché scatti un boicottaggio preventivo nei loro confronti. Perché mai – allora – dovrebbero complicarsi la vita con un’alleanza con i salafiti? È molto più probabile che i Fratelli Musulmani cerchino l’alleanza con qualche partito laico minore, in modo da correre meno rischi e consolidare un’immagine «moderata».

Secondo elemento: il fattore religioso conta, ma la vera sfida per l’Egitto resta offrire una vita dignitosa alle persone. E il giorno in cui saranno al potere è con questa sfida che gli islamisti dovranno fare primariamente i conti. Il punto è che non basterà più offrire assistenza nei quartieri poveri; serviranno ricette per creare lavoro e sviluppo. Ad esempio in un Paese come l’Egitto anche un governo islamista non potrà non fare i conti con la realtà del turismo come voce fondamentale del proprio Prodotto interno lordo. E anche questo sarà un elemento che spingerà più verso la moderazione che verso le derive teocratiche. Anche perché il precedente di piazza Tahrir vale per tutti: la gente delusa in piazza ci può sempre ritornare. E dopo questo 2011 non sarà più tanto facile per nessuno al Cairo fermarla.

Infine un ultimo elemento, più a livello geopolitico: non ci stancheremo di ripetere che l’integralismo islamico è un’etichetta sotto la quale si trovano «prodotti» diversi. E oggi è abbastanza evidente che in questa galassia gli equilibri stanno cambiando: fino a ieri i due grandi poli dell’islam politico erano l’Iran degli ayatollah e l’Arabia Saudita degli al Saud. La primavera araba sta mettendo in crisi entrambi molto più di quanto appaia a prima vista. E sta – all’opposto – esaltando nuovi modelli. Oggi si parla tanto della Turchia di Erdogan. Ma è difficile pensare che in una partita del genere l’Egitto dei Fratelli Musulmani aspiri a essere solo lo scolaretto diligente.

Clicca qui per leggere l’articolo di al Masry al Youm

Clicca qui per leggere il commento pubblicato su Common Ground

Clicca qui per leggere la notizia sulle tensioni tra Iran e Turchia sul Jerusalem Post

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