Nei Territori occupati palestinesi, i tribunali militari si occupano anche di giustizia minorile. Nel settembre 2009 Israele ha istituito per questo scopo la Corte minorile militare. Secondo le statistiche degli organismi umanitari, sarebbero attualmente almeno 164 i minori palestinesi nelle carceri israeliane. Detenuti, in molti casi, per aver tirato pietre.
(Milano/g.c.) – Nei Territori occupati palestinesi, i tribunali militari si occupano anche di giustizia minorile. Nel settembre 2009 Israele ha istituito per questo scopo la Corte minorile militare, che si occupa ogni anno di giudicare circa 700 minori arrestati dall’esercito. Secondo le statistiche degli organismi umanitari, sarebbero attualmente almeno 164 i minori palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane. La loro colpa? Nella stragrande maggioranza dei casi quella di aver tirato pietre contro cittadini israeliani e mezzi militari.
Secondo il codice penale israeliano, è proibito detenere in carcere qualsiasi persona al di sotto dei 14 anni. Nonostante questa norma, sembra siano almeno 35 i detenuti tra i 12 e i 13 anni d’età.
L’avvocato Rifat Kassis, presidente della ong Defence for Children International (Dci), nelle scorse settimane ha denunciato pubblicamente la situazione tramite gli organi di stampa internazionali: «Fin dall’inizio della seconda intifada, nel settembre 2000, le autorità di occupazione hanno iniziato a utilizzare gli ordini di detenzione amministrativa contro i ragazzi. Secondo la legge internazionale, questo tipo di fermo è permesso solo su scala molto limitata, specialmente se nei confronti di minori. Ogni anno però sono circa 700 i bambini palestinesi fatti oggetto di misure restrittive da parte delle corti militari».
Le ong che monitorano il trattamento dei minori nelle carceri israeliane hanno più volte messo in evidenza abusi mentali e fisici. «In molti casi – spiega Kassis – i ragazzi palestinesi vengono arrestati nelle loro case durante la notte e portati via dai soldati senza poter essere accompagnati dai genitori. Allo stesso modo, gli interrogatori hanno luogo senza la famiglia né l’avvocato. Spesso passano ore e giorni prima che i minori arrestati vengano interrogati». Durante l’attesa per l’interrogatorio, i minori sono spesso oggetto di vessazioni e violenze. Non di rado le confessioni vengono rilasciate solo per sottrarsi all’insostenibile pressione psicologica dell’interrogatorio. Le dichiarazioni che i minori sono costretti a firmare sono redatte in ebraico, una lingua che la maggior parte dei palestinesi non legge.
Secondo le denunce di Dci, circa il 93 per cento dei minori coinvolti nel lancio di pietre tra il 2005 e il 2010 ha subito una condanna. Le pene vanno solitamente da pochi giorni a 20 mesi di carcere. «Si tratta di una esperienza traumatica – conclude Kassis – che segna per sempre la vita di questi minori e nuoce seriamente alla loro crescita: una volta rilasciati, la maggioranza dei baby-ex prigionieri soffre infatti di problemi psicologici». Per questi piccoli detenuti, la cui condizione è ignorata dall’opinione pubblica internazionale, le corti militari minorili israeliane sembrano non prevedere alcuna pena alternativa e nessun percorso di riabilitazione o reinserimento sociale.