Venticinque anni dopo con Benedetto XVI nella città di Francesco
«Mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace». Con queste parole Benedetto XVI annunciava il primo gennaio scorso, durante l’Angelus domenicale in piazza San Pietro, il pellegrinaggio ad Assisi per il venticinquesimo anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace, promossa da Giovanni Paolo II nel 1986.
A pochi giorni, ormai, dall’appuntamento, fissato per il 27 ottobre, il mondo guarda con trepidazione ad Assisi, da dove il Papa e i responsabili delle grandi religioni lanciano ancora una volta all’umanità un messaggio di speranza e di pace, nel rispetto e nell’accoglienza delle reciproche differenze.
Chi come noi ha a cuore il cammino di pace in Terra Santa, la sorte delle Chiese e delle comunità cristiane in Medio Oriente, il dialogo tra i credenti nell’unico Dio, non può guardare, sulla scorta dell’insegnamento di Francesco, all’incontro di Assisi come ad un «momento propizio», per riaffermare l’impegno a vivere la propria fede nella prospettiva di un servizio alla pace tra i popoli e le religioni. Perché, come ha ripetuto il Papa, «chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio»