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I 90 anni di Terrasanta, riflettori sulle «pietre vive»

Manuela Borraccino
21 ottobre 2011
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Il convegno svoltosi stamane a Roma in occasione dei 90 anni della rivista Terrasanta si è concluso con una tavola rotonda in cui hanno spiccato le testimonianze di due protagonisti dei negoziati diplomatici della Santa Sede con Israele e con i palestinesi: il giurista francescano David M. Jaeger e il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo.


(Roma) – Ci fu quella volta, nel 1992, che l’ambasciatore Sergio Minerbi scrisse su uno dei maggiori quotidiani israeliani che «non sarebbero mai state allacciate relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Israele». E quella volta che Arafat accettò lo scambio di «rappresentanti speciali» fra Vaticano e Olp anche se «non sapevamo ancora cosa volesse dire». Ricordi e aneddoti dei rapporti della Chiesa di Terra Santa con lo stato di Israele e l’Autorità nazionale palestinese riemergono nelle parole di due protagonisti d’eccezione dei negoziati, il giurista francescano David M. Jaeger ofm e il primo nunzio in Israele, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, nel corso del convegno «Dalla Notizia alle notizie. Informazione, archeologia, dialogo tra le fedi», che si è svolto stamane in occasione dei 90 anni della rivista Terrasanta (1921-2011) alla Pontificia Università Antonianum di Roma.

Una rivista nata dall’instancabile impulso a nuove iniziative culturali e dalla forte personalità di padre Ferdinando Diotallevi, Custode di Terra Santa tra il 1918 e il 1924 e strenuo difensore dei diritti della Custodia, ha ricordato lo storico Paolo Pieraccini, negli anni «degli enormi problemi diplomatici» conseguenti al crollo dell’Impero ottomano e dell’inizio del Mandato britannico in vista della nascita di un «focolare ebraico in Palestina» sancita dalla Dichiarazione di Lord Balfour (1917), dunque di un generale riposizionamento nei rapporti della Custodia con Gran Bretagna, Francia, Santa Sede, Italia, leader sionisti.

Il giurista mons. David Jaeger, attualmente giudice della Rota romana ma per vent’anni membro della Commissione bilaterale Santa Sede-Israele che diede il via all’Accordo fondamentale del 1993 (e che sta ancora lavorando all’accordo sulle questioni fiscali e finanziarie della Chiesa di Terra Santa), ha spiegato come la sparuta comunità cattolica in Israele e Territori palestinesi (costituita da coloro che oggi molti chiamano «le pietre vive») «sia talmente esigua da non avere alcun peso elettorale per i leader politici, pertanto la sua pace e incolumità dipendono quasi per intero dal peso internazionale e dall’opinione pubblica dei Paesi di antica tradizione cristiana». «Un’azione di lobbying – ha detto Jaeger – è perciò assolutamente indispensabile: per la Chiesa di Terra Santa i media sono l’alleato più necessario, al quale anche in futuro bisognerà fare sempre più ricorso».

Tra i numerosi episodi che lo videro protagonista, prima come corrispondente del settimanale The Tablet, poi come portavoce della Custodia dal 2001 al 2004, Jaeger ha ricordato come «l’attenzione dei mass media di tutto il mondo si rivelò cruciale nell’aprile 2002, quando solo la presenza delle telecamere fisse sulla basilica della Natività di Betlemme evitò la strage delle decine di miliziani palestinesi asserragliati all’interno, mentre le autorità israeliane pretendevano che frati e suore abbandonassero il santuario per lanciare un’offensiva militare». La Santa Sede, ha ricordato, non lesinò sforzi per arrivare a un «compromesso ragionevole, realista, umano, lungimirante, che arrivò dopo ben 39 giorni» anche se sarebbe potuto arrivare molto prima. E così fu per la vicenda del progetto della moschea di Nazaret (nel 1999-2001), altra circostanza in cui ci fu da distinguere fra «notizie vere e propaganda». E così per l’articolo in cui Sergio Minerbi avvertiva di «non illudersi sui rapporti diplomatici fra Santa Sede e Israele, perché la Chiesa condannava il popolo ebraico a un esilio perpetuo…».

«Terrasanta è la principale voce della cristianità della regione e, possiamo dire, la voce del Quinto Vangelo, visto che la Terra Santa rappresenta un museo della geografia, dell’architettura, dei luoghi dove Gesù ha operato», ha detto il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, artefice dell’Accordo fondamentale del 1993 e architetto dell’analogo Accordo di base firmato nel 2000 con l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), «sulla base della richiesta di Arafat – ha spiegato – che tutto ciò che la Santa Sede faceva con Israele venisse fatto anche con l’Autorità Palestinese». «Nata a causa dei pellegrini, questa voce ha dato spazio alla comunità cristiana ed è stata sostenuta da tutti quegli archeologi, studiosi, francescani, ricercatori, scienziati li possiamo definire di fama internazionale come padre Bagatti, padre Corbo, padre Piccirillo, che hanno invogliato i lettori a conoscere sempre meglio quella terra e a proteggere la presenza dei discendenti dei primi cristiani».

Oggi, ha proseguito il porporato, «mentre la dimensione religiosa e quella politico-sociale continuano ad essere strettamente intrecciate, al punto che il fattore religioso occupa uno spazio preponderante nella vita politica, sociale e culturale» tanto di Israele quanto dell’ancora embrionale Stato palestinese, la rivista continua a svolgere una preziosa opera di sensibilizzazione «sulla necessità di insistere sull’indispensabile presenza dei cristiani in questa regione».

Anche alla luce dei nodi irrisolti sollevati dal Sinodo sul Medio Oriente dello scorso anno. Il cardinale ne ha richiamati alcuni: «Primo: la frammentazione del mondo cristiano non è forse un fattore di debolezza, visto che è la stessa divisione e lacerazione fra le varie comunità cristiane ad indebolire se non minacciare la presenza stessa dei cristiani in questa terra? Secondo: fino a che punto la libertà di coscienza e di religione possono essere esercitate in uno Stato che si definisce “ebraico”? E nelle società islamiche, con quale livello di libertà i cristiani possono esercitare la loro fede ed il culto? Infine: a quale futuro, guardando alle tensioni dell’oggi, vanno incontro queste comunità dopo secoli di convivenza?». Interrogativi senza risposta che reclamano però «l’impegno di tutti per arrivare ad un’era di fraterna convivenza in quella parte del mondo che è teatro della redenzione».

Come l’archeologia, l’informazione parte da un fatto, che per essere spiegato ha bisogno della contestualizzazione e della memoria storica e «mai come oggi c’è bisogno di continuare a tenere desta l’attenzione sulla necessità di una trattativa di pace» fra israeliani e palestinesi, ha ricordato il moderatore, il giornalista Marco Politi. Un monito a chiunque faccia informazione su questa parte del mondo così travagliata.

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