L’arcivescovo Pietro Sambi, scomparso ieri negli Stati Uniti dove era nunzio apostolico, verrà ricordato a Gerusalemme anche con una Messa di suffragio presieduta il 6 agosto prossimo, nella con-cattedrale latina, da mons. Antonio Franco. Monsignor David M. Jaeger tesse l'elogio dell'ecclesiastico romagnolo.
(Milano/g.s.) – L’arcivescovo Pietro Sambi, scomparso ieri negli Stati Uniti dove era nunzio apostolico, verrà ricordato a Gerusalemme anche nel corso di una Messa di suffragio presieduta il 6 agosto prossimo, nella con-cattedrale latina, da mons. Antonio Franco, nel 2005 come delegato apostolico e nunzio presso i governi di Israele e di Cipro.
Monsignor David-Maria A. Jaeger, francescano della Custodia di Terra Santa e prelato uditore della Rota Romana, è stato dal 1992 al maggio 2011 (e quindi anche durante la missione diplomatica di mons. Pietro Sambi a Gerusalemme) il consigliere giuridico della delegazione della Santa Sede ai negoziati con lo Stato di Israele, di cui, al «livello di lavoro», era presidente ex officio lo stesso mons. Sambi. Jaeger lo ricorda così:
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Mi è appena giunta l’amara notizia della morte dell’arcivescovo Pietro Sambi, nunzio apostolico negli Stati Uniti, e prima, rappresentante pontificio in Terra Santa (nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme dal 1998 al 2005). L’ho ricevuta con commozione; fino all’ultimo speravo che fosse risparmiato ancora. So bene di non essere l’unico ad aver visto in lui prima di tutto il prete, il sacerdote, convinto, semplice e pio (nel miglior senso di questi aggettivi oggi troppo spesso abusati), e un vero uomo, pieno di vita e di vitalità – quindi un uomo, nel senso più pieno del termine – “Vir, Vir Dei, Vir Ecclesiae” mi viene spontaneamente di dire.
Con la forza della sua personalità conquistava tutti, la forza della grande affabilità, della palese sincerità. Era fondamentale nel contesto che ci vedeva collaborare, quello delle trattative con lo Stato di Israele. Come «professionista» della nostra delegazione, giurista e «negoziatore in prima linea», apprezzavo soprattutto la sua costante lealtà, la consapevolezza di poter contare sempre sul suo appoggio immediato, fermo, convinto, incondizionato. Era per me un capo-delegazione ideale. Inaugurava amabilmente le sessioni e poi mi faceva lavorare, pur pronto sempre a intervenire in prima persona, a mia richiesta, per offrirmi sostegno, che gli chiedevo quando mi sembrava particolarmente importante che lo manifestasse, per sottolineare che rappresentavo non qualche preferenza personale, ma la linea dell’Istituzione. In privato, potevamo anche discutere (non spesso) ma davanti agli interlocutori, mai.
È rimasto intensamente legato ai Luoghi Santi, alla Terra Santa, anche durante gli anni della nunziatura a Washington, dove diverse volte sono andato a trovarlo, per aggiornarlo. Nei suoi molteplici contatti con politici, legislatori e funzionari dell’Amministrazione Usa, non mancava mai di promuovere l’interessamento per le sorti della Chiesa in Terra Santa.
Voleva molto bene alla Custodia di Terra Santa, in particolare. Collaborò alla programmazione del pellegrinaggio del beato Giovanni Paolo II, nel 2000, in modo da dare risalto innanzitutto ai Luoghi Santi della Redenzione e quindi al singolare ruolo della Custodia di Terra Santa, in essi e attorno ad essi, relazionandovi organicamente la testimonianza delle varie Chiese cattoliche presenti sul territorio.
Era impegnato per dotare di opportuna nuova strutturazione la presenza della Chiesa in mezzo alla società di espressione ebraica, in Israele. L’ultima nostra conversazione (non sapevamo certo che sarebbe stata proprio l’ultima, in questa vita) verteva proprio su questo argomento, di cui tanto avevamo parlato durante i suoi anni in Terra Santa. Parlavamo, in quest’ultima occasione, dell’ancora non avvenuta nomina di un nuovo vescovo per i cattolici di espressione ebraica, dopo la morte nel 2005 del santo monaco, mons. J.B. Gourion, e delle eventuali prospettive in tal senso.
Durante gli anni della missione di mons. Sambi in Terra Santa, io non abitavo a Gerusalemme ma negli Stati Uniti prima e a Roma poi (con viaggi più meno frequenti a Roma e Tel Aviv, secondo le necessità), mentre quando fu trasferito a Washington lo potevo visitare solo saltuariamente, perché oramai risiedevo più stabilmente a Roma. Così non sempre c’era l’occasione di parlare proprio di tutto ciò che ci stava a cuore, e io ho sempre conservato una lista di argomenti, di domande, di suggerimenti, sui cui contenuti mi riservavo di parlargli ancora, magari dopo che lui fosse andato «in pensione», e quindi con più calma… Ora il carissimo arcivescovo Pietro Sambi è andato però «in pensione anticipata», e abita non nella sua terra natia, dove sarei andato a trovarlo, ma là dove non posso per ora recarmi (e, a scanso di equivoci, non ho alcuna fretta di partire!), così che ci vorrà ancora tempo e pazienza fino a poter avere la consolazione di rivederlo, e di riprendere il discorso, per così dire.
È stato un grande amico (duplici sensu: un grande uomo che mi era amico, e uno che mi portava grande amicizia). Mi mancherà – come mancherà a tantissimi suoi amici ed estimatori.
Requiescat in pace.