Il nostro monastero ha, nel giardino esterno, all’interno del grande muro di cinta, una piccola foresteria, meno di dieci stanze. È la nostra principale fonte di rendita, insieme alle ostie e alle icone e, ultimamente, a rosari, candele e ricami. Ci permette di vivere del lavoro delle nostre mani, come ci chiede Chiara. Ma è anche un osservatorio privilegiato, alle porte di Gerusalemme.
Se anche volessi provare a presentarvi i nostri ospiti, l’impresa sarebbe impossibile, tanta è la varietà e l’unicità di ognuno, quanto a provenienza, età, lingua, religione, motivazioni del loro venire a Gerusalemme.
Uomini e donne di tutte le età, dai bambini con i loro genitori, ad anziani; da chi viene per la prima e l’unica volta nei Luoghi Santi a chi ci torna regolarmente anche due volte l’anno, fino a padre Jack, che ha festeggiato lo scorso anno il suo cinquantesimo viaggio (nonché soggiorno da noi).
C’è chi esce la mattina all’alba e rientra a notte fonda per sfruttare al massimo il suo soggiorno, a chi fa colazione con calma nel nostro giardino affascinato dal sole gerosolimitano e dalla sua particolare luminosità e vi passa lunghe ore semplicemente sapendo che si trova nella Città santa, a pochi passi da tanti luoghi della memoria, ebraica e cristiana … prendendosela con calma.
C’è chi viene dalla Galilea per approfittare dell’intensa attività culturale della Città di Dio, chi viene dalla vecchia Europa, o dalla Norvegia, dall’Olanda, dai Paesi dell’Est, dalle due Americhe… dalle metropoli come dai piccoli villaggi… pellegrini, turisti, studenti, palestinesi che tornano a casa per portare il loro contributo economico alle loro famiglie o ebrei che hanno i genitori, i figli o gli amici che vivono nel nostro quartiere e per i quali è comodo dormire da noi e raggiungerli durante la giornata.
E ancora: pellegrini pii e devoti, studenti o professori universitari qui per conferenze o convegni, turisti che non possono non spingersi fino alla Città santa ma che arrivano abbronzati dal sole e dal mare di Eilat; religiosi e religiose che vengono da lontano o da vicino per riposare e ritirarsi nel nostro piccolo eremo.
Alcuni partecipano alla nostra preghiera, altri fanno yoga in camera; sono cristiani di tutte le confessioni, ebrei piuttosto liberali o giudeo messianici sempre gioiosi. Qui anche in un sorriso o un saluto nelle diverse lingue consiste il dialogo interreligioso!
C’è gente che si meraviglia del fatto che chiediamo solo il giusto, e profeti stralunati che approfittano dell’accoglienza monastica procrastinando ad un futuro ipotetico il pagamento. Noi offriamo un servizio molto semplice, solo per la notte e la colazione (anch’essa autogestita perché i nostri ospiti … non hanno orari!), ma c’è una piccola cucina ad uso degli ospiti e anche lì si aprirebbe un capitolo interessante: c’è infatti chi mangia esclusivamente come nel suo Paese e chi fa invece uno sforzo di inculturazione a base di humus, pite, laben e avocado. A scelta. Chiaramente il caffè italiano è conosciuto da tutti e preferito sia a quello arabo che a quello israeliano!
Oserei dire che, per noi, questa piccola e sempre affollata foresteria, è più di un osservatorio privilegiato, è un modo semplicissimo e silenzioso di dire Gesù Cristo, di esprimere il volto e il modo del nostro essere qui, una presenza discreta e orante, un luogo tipicamente francescano fatto di pietre e di verde (anche se il verde-grigio di Gerusalemme!), uno spazio fraterno e pacifico alle porte di Gerusalemme.
Anche questo può essere un modo di vigilare, sentinelle silenziose, non sulle mura, ma sulla soglia della città di Dio, domandando pace per la Gerusalemme di quaggiù e costruendo così la Gerusalemme di lassù.
(* L’autrice è claustrale nel monastero di Santa Chiara a Gerusalemme)