Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

La strana vicenda di un padre «ecumenico»

Daniel Attinger
23 maggio 2011
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Lo spunto per queste righe mi viene da un episodio recente della vita del patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme. L’influenza e la giurisdizione del suo patriarca non si estende sulla sola Terra Santa, giacché diversi anni fa, nel 1997, su richiesta dell’ambasciatore degli Stati Uniti nel Qatar, l’allora patriarca ortodosso di Gerusalemme, Diodoros I, mandò in quella regione l’archimandrita Theophilos, l’attuale patriarca, per rispondere ai bisogni pastorali degli ortodossi che vi soggiornavano, soprattutto per le feste di Natale e di Pasqua. Le relazioni tra il Qatar e il patriarcato ortodosso di Gerusalemme si svilupparono sempre di più, al punto che il Qatar mise a disposizione degli ortodossi un terreno per costruirvi una chiesa. I lavori sono iniziati nel 2008, e la prima pietra è stata ufficialmente posta e benedetta dal patriarca Theophilos III nell’aprile del 2010. La nuova chiesa è dedicata ai santi Giorgio e Isacco il Siro. Se non stupisce troppo l’intitolazione a san Giorgio, vincitore del drago, giacché si conosce la venerazione dei cristiani di Terra Santa per questa figura molto popolare, la cui tomba è venerata a Lod (le sue spoglie vi sarebbero state trasferite dalla Cappadocia dopo il suo martirio), non si può dire lo stesso del secondo patrono di questa chiesa, Isacco il Siro.

Chi era Isacco? In realtà poco sappiamo di lui: nacque nella regione di Bet Qatraye (oggi il Qatar) dove visse anche fra i solitari. Fece la conoscenza di mar Giorgio, catholicos della Chiesa di Seleucia-Ctesifonte tra il 661 e il 681, il quale l’ordinò vescovo e gli affidò la Chiesa di Ninive (nei pressi dell’attuale Mosul in Iraq). Dopo soli cinque mesi di episcopato, Isacco rinunciò alla carica e si ritirò tra gli anacoreti di Bet Huzaye (nell’attuale Iran). È là che, diventato cieco per il prolungato sforzo nella lettura delle sante Scritture, morì in età avanzata. Certo è che apparteneva alla chiesa siro-orientale (nestoriana), ma, grazie alla traduzione (adattamento) dal siriaco in greco della cosiddetta Prima Parte (o prima collezione dei suoi scritti), la sua opera fu molto apprezzata e si diffuse in tutto il mondo cristiano, dall’Oriente all’Occidente, e anche nella Chiesa ortodossa greca (che pure non risparmiava critiche e anatemi contro le dottrine della Chiesa nestoriana), tanto che Giuseppe l’Esicasta, uno degli artefici della rinascita monastica sull’Athos all’inizio del secolo scorso, poté dire: «Se tutti gli scritti dei padri del deserto andassero perduti, e fossero conservati solo quelli di abba Isacco il Siro, essi basterebbero…; sono l’alfa e l’omega della vita monastica». Uno scismatico dunque è diventato un santo della Chiesa di rito bizantino. Situazione paradossale.

Per uscire dall’impasse, qualcuno ha ipotizzato, piuttosto di recente e in ambienti greci, l’esistenza di due Isacco: l’eretico Isacco di Ninive, i cui scritti sono conosciuti in siriaco, e l’ortodosso Isacco il Siro, i cui scritti in greco sono altamente apprezzati. Eppure gli studi recenti effettuati su questi scritti, hanno confermato che vi è un solo e unico Isacco di Ninive, detto anche il Siro, appartenente a una chiesa scismatica eppure santo…

Vi sono quindi casi in cui, mentre i teologi non sanno come uscire dai paradossi in cui si sono invischiati, prevale, grazie a Dio, il buon senso: la vita spirituale non si adegua al «letto di Procuste» (cioè all’omologazione e all’adattamento forzato – ndr) in cui talvolta la teologia vorrebbe costringerla ad adagiarsi.

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