Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Il Papa beato che ha aperto la strada

padre David M. Jaeger ofm
23 maggio 2011
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Due Accordi con gli israeliani (1993, 1997) e un’Accordo di base con i palestinesi (2000), tutti per la libertà e sicurezza della Chiesa in Terra Santa; la nomina del primo patriarca latino di Gerusalemme nato in Terra Santa (1987); la nomina del primo vescovo per i cattolici di espressione ebraica in Israele (2003); il pellegrinaggio in Terra Santa, che riconferma per il terzo millennio la missione affidata alla francescana Custodia di Terra Santa (2000). Tutte queste realizzazioni del beato Papa Giovanni Paolo II, vengono spontaneamente alla mente mentre contemplo il dono che il Pontefice Benedetto XVI ha voluto fare, innanzitutto alla Chiesa di Roma, nell’annoverare tra i beati il suo amato predecessore.

I più giovani potranno forse non capire quale svolta Giovanni Paolo II abbia rappresentato per i cattolici stanchi e scoraggiati dopo gli anni cupi della contestazione, quasi dello sbandamento, inaspettatamente seguiti a quelli gloriosi della celebrazione del concilio Vaticano II (1962-1965). «Aprite le porte al Redentore!»: risuonava in tutta la Chiesa, in tutto il mondo, la voce, forte e decisa, del nuovo Papa. «Non abbiate paura!». Giovane protagonista del Concilio, quest’atleta dello Spirito seppe insegnarne il senso più autentico, all’insegna di quella che il suo fedele collaboratore e attuale Successore avrebbe poi definito «l’ermeneutica della continuità». Proclamazione indefessa della Buona Novella di Gesù Cristo il Figlio di Dio (Mc 1,1), il Risorto, unico Salvatore dell’umanità ed insieme (non a sostituzione di essa!) aperto e sincero dialogo con chi non l’ha ancora accolta. Leale ed intrepido impegno nel mondo e nella società, senza contaminazioni ideologiche o cedimenti opportunistici. Full immersion nella «nuova Pentecoste» del Vaticano II, assieme all’integrale fedeltà alla Grande Tradizione da esso veicolata.

Chi, come me, ha avuto il singolare privilegio di essere ammesso alla sua presenza, non poteva non sentirsi subito colpito dal suo immenso «carisma», da quell’energia spirituale che da lui usciva e tutto avvolgeva in un «campo di forza», anche e specialmente quando lo si vedeva raccolto immobile in preghiera, da solo nella cappella privata. «Santo subito!», gridava anche il mio cuore all’udire la tristissima notizia della sua morte.

Si ripropone ora la sfida di dare seguito alla sua opera e garantirne ancora stabilità ed efficacia. Anche in Terra Santa gli storici Accordi con Israele richiedono di essere monitorati quanto all’adempimento ed integrati dalla prevista serie di Accordi successivi, metodicamente negoziati. L’Accordo con la Palestina attende di essere ampliato qualora sorga, forse prossimamente, uno Stato indipendente. In Israele, il primo vescovo per i cattolici di espressione ebraica – che vuol dire non solo di ceppo ebraico ma anche decine di migliaia di «gentili» che vivono in ambiente ebraico – il santo monaco Jean-Baptiste Gourion, morì già nel 2005 e se ne attende tuttora un successore. E magari anche il passo successivo, cioè la costituzione di una diocesi propria per l’ambiente ebreofono. Il beato Giovanni Paolo II ha aperto la strada, ha gettato le fondamenta, ha operato innanzitutto la svolta. Possa la Chiesa, per sua intercessione, procedere oltre su questa strada, costruire ancora su queste fondamenta, guardare sempre imperterrita avanti verso il Signore che viene. Sentirsi ripetere in ogni momento: «Non abbiate paura!»

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