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All for Peace. Il mondo degli altri alla radio

Chiara Tamagno
9 maggio 2011
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Una radio che si è data la missione di far incontrare due popoli che non si amano ed accrescere la conoscenza reciproca.


Fm 107.2 e 89.8. Sono queste le due frequenze di una radio che, da Gerusalemme, vuole parlare rispettivamente agli ascoltatori israeliani e a quelli palestinesi, diffondendo lo stesso messaggio, volto alla conoscenza reciproca e alla riconciliazione. La radio si chiama All for peace ed è nata nel 2003, a ridosso dell’ultima intifada, per favorire l’incontro di due mentalità che sembravano non voler sentire le ragioni dell’altro.

Spiega Mossi Raz, direttore della sezione israeliana: «Era urgente che un popolo ascoltasse il punto di vista dell’altro. Solo così ci si può avviare su una strada di pace.»  Con queste premesse nacque questa radio «biculturale», israeliana e palestinese, un progetto che è cresciuto sensibilmente in questi anni e che oggi vede impegnati 24 dipendenti, circa 48 volontari, tutti equamente ripartiti nei due staff di All for Peace, quello di lingua ebraica e quello araba, coordinati da due direttori. «Trasmettiamo 24 ore su 24, ma in realtà essendo doppia la trasmissione, si può dire che siano 48 ore su 24 – precisa Mossi -. Sono programmi di news, musica, attualità, interviste a persone che hanno perso un familiare vittima di attentati palestinesi e vittima dell’esercito israeliano, diamo molto spazio alle organizzazioni per i diritti umani.» Una radio ascoltata da migliaia di persone, che vengono così a conoscere gli appuntamenti della settimana.

Quali prospettive per il futuro? Mossi Raz sorride speranzoso perché All for Peace ha il progetto di trasmettere anche in lingua russa e in inglese per poter raggiungere tutta la popolazione presente in Israele. Una voce coraggiosa perché diffonde informazioni altrimenti taciute dai media ufficiali di entrambi i popoli. A quale prezzo? Mossi Raz minimizza sugli attacchi che periodicamente ricevono dai media stessi israeliani o palestinesi: «Posso affermare che in Israele e in Palestina è possibile diffondere liberamente una voce critica talvolta scomoda».

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