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La guerra civile in Costa d’Avorio scuote anche Beirut

Terrasanta.net
5 aprile 2011
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La guerra civile in Costa d’Avorio scuote anche Beirut
Bandiere libanesi e ivoriane sventolano insieme ad Abidjan.

Nei giorni scorsi a Beirut migliaia di libanesi hanno manifestato in piazza per chiedere al governo di proteggere i parenti che vivono e lavorano in Costa d'Avorio, dove sta infuriando la guerra civile. La comunità libanese che vi abita è la più numerosa di tutta l'Africa ed è determinante nel settore del commercio.


(Milano/c.g.) – Domenica scorsa, 3 aprile, una folla di migliaia di persone si è raccolta a Beirut davanti alla sede del ministero degli Esteri per chiedere garanzie sulla sicurezza dei parenti che vivono e lavorano in Costa d’Avorio.

È proprio in questo Paese, infatti, che vive la più numerosa comunità libanese in diaspora in Africa: un numero di persone compreso tra 45 e 90 mila, che oggi si trova a fare i conti con una sanguinosa guerra civile. In Costa d’Avorio, i sostenitori del candidato che ha vinto le ultime elezioni, Alassane Ouattara, hanno attaccato le forze di Laurent Gbagbo, l’ex-presidente che pur avendo perso le elezioni ha rifiutato di lasciare il potere.

La maggior parte dei libanesi vive ad Abidjan – città costiera e capitale economica, mentre la capitale amministrativa è Yamoussoukro, situata nel cuore del Paese – proprio in questi giorni teatro di cruenti scontri. La comunità libanese si dedica tradizionalmente a piccoli e grandi commerci e gestisce numerose imprese industriali. Secondo l’ambasciata di Beirut ad Abidjan, i libanesi in Costa d’Avorio controllano circa il 50 per cento dell’economia nazionale. Anche per questo, in una situazione di disordine e assenza di legge, rischia più di altre di essere presa di mira con furti, violenze e razzie. «Entrambe le fazioni si stanno affrontando nelle strade della città – racconta un abitante libanese di Abidjan, raggiunto dal quotidiano The Daily Star -. E noi, in quanto libanesi, capiamo di essere diventati un bersaglio: società libanesi di medie e grandi dimensioni sono state depredate, mentre questo non è successo ad analoghe società francesi. Il mio negozio è stato saccheggiato e, se continua così, perderemo tutto quel che abbiamo…».

Un altro motivo per cui la comunità libanese vive una situazione di maggior rischio, è la sua «compromissione» con l’ex-presidente Gbagbo. Infatti, lo scorso dicembre l’ambasciatore libanese in Costa d’Avorio, Ali Ajami, partecipò alla cerimonia di giuramento di Gbagbo. L’ambasciatore Ajami, d’altra parte, fu in qualche modo costretto a partecipare alla cerimonia, essendo Abidjan sotto il controllo dello stesso Gbagbo.

Haitham Joumaa, direttore generale del ministero degli Esteri libanese, rispondendo a Beirut alle domande dei manifestanti, ha affermato che non sono ancora stati segnalati morti tra i cittadini libanesi e che, appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno, saranno organizzati voli aerei su Abidjan, per mettere in salvo i libanesi che lo chiederanno (sarebbero almeno 10 mila coloro che intendono rientrare in patria). Per il momento 27 cittadini libanesi sono già stati portati in salvo da un volo francese.

D’altra parte il primo ministro libanese, Saad Hariri, avrebbe telefonato al presidente ivoriano eletto Ouattara, ottenendo garanzie per la sicurezza dei suoi concittadini. Anche la Giordania, in virtù della «fratellanza» araba con il Libano, pare stia facendo la sua parte: in Costa d’Avorio, infatti, operano sotto la bandiera dell’Onu anche soldati giordani.

L’ambasciatore della Giordania in Libano, Ziad Majani, ha rassicurato sul fatto che il suo Paese ha ordinato alle proprie truppe di «estendere per quanto possibile l’assistenza ai fratelli libanesi in Costa d’Avorio».

Secondo le ultime notizie almeno 1.500 cittadini libanesi della capitale sarebbero sotto la protezione dei militari francesi e giordani.

 

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