Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
I gesti e le parole di Gesù sono privi di pregiudizio e capaci di accogliere anche chi è marchiato da stigma sociale. Un'attenzione maturata nel clima della famiglia di Nazaret.

Lo sguardo che spiazza chi si crede giusto

fratel Marco Cosini
25 marzo 2011
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Lo sguardo che spiazza chi si crede giusto
M. Rupnik, Gesù e l'adultera (dettaglio del mosaico), chiesa di San Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo (Foggia).

Nomi, volti, storie di  uomini e di donne sono parte integrante del messaggio evangelico, perché «il Verbo si è fatto carne» (Giovanni 1,14) e il Dio infinito prende una umanità concreta nella storia specifica di un uomo, Gesù di Nazaret. Volti, nomi e storie che rimangono nei secoli l’esperienza viva dell’incontro dell’uomo con Dio. Nei giorni precedenti la sua passione Gesù stesso ce ne dà testimonianza. In casa di Simone il lebbroso, in un momento di intima convivialità, una donna compie un gesto di profondo amore versando sul suo capo un vaso di olio profumato molto prezioso. Questa donna entra in scena improvvisamente e rimane per un istante ma la sua testimonianza resterà nei secoli: «Dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà ciò che ella ha fatto» (Matteo 26,13).

Di questi episodi spiccioli e concreti è pieno il Vangelo, che attesta la costante attenzione di Gesù verso i suoi interlocutori, quando entra in relazione con ciascuno in un modo essenziale ed efficace. Il Vangelo inoltre ci mostra che da parte di Gesù non c’è stato mai un atteggiamento pregiudiziale e i suoi gesti e le sue parole sono volte sempre a rompere gli schemi e a costruire ponti per incontrare tutti, anche le categorie di persone più emarginate e discriminate. Uno di questi episodi è in Giovanni 8,1-11: l’incontro di Gesù con la pecc­ ­ ­ atrice.

A pochi capitoli dall’inizio della passione Gesù si trova nel tempio e viene condotta  «una donna sorpresa in adulterio» (Gv 8,3) per metterlo alla prova e vedere se è veramente un maestro fedele alla legge di Dio. I versetti di Giovanni non lo dicono esplicitamente, ma si può intuire la malizia e allo stesso tempo la rabbia di questi scribi e farisei che non possono sopportare il peso della trasgressione e del peccato. Ma da sempre, si sa, la rabbia è un segno rivelatore di un disturbo interiore che in questo caso manifesta l’incapacità di accettare la possibilità di uno sbaglio, e più alla radice la realtà della fragilità umana, soprattutto della propria.  Alla rabbia succede il giudizio e la condanna: «la legge ci ha comandato di lapidare donne come queste» (Gv 8,5).  Giudizio e condanna non sono soltanto la soluzione a un fatto contingente e circoscritto nel tempo, ma la dichiarazione di morte per tutte le persone che si trovano a vivere esperienze simili. E così si forma una mentalità razzista di chiusura e di odio nei confronti di altre persone per il semplice fatto che agli occhi dei più commettono uno sbaglio. In tali persone si concentrano i mali del mondo ed è possibile scaricare su di esse ogni responsabilità (ci sarà stato pure un uomo con l’adultera!). Non è più possibile vedere in questi «altri» un volto della povertà, da accogliere ed accompagnare dentro un cammino di guarigione.

Questo rappresenta probabilmente il male più oscuro e pesante per l’umanità di ogni tempo, che non è in grado di accogliere la diversità e la fragilità e si rifugia in ambienti e mentalità di separazione e condanna.  Per sentirsi salvaguardata dalla diversità e dall’errore che mette in luce ciò che veramente siamo e quali siano  le nostre paure. La separazione tra «giusti e peccatori» è antica come il mondo, ma sarebbe più corretto affermare che i termini del binomio sono : «l’illusione di essere giusti» e «peccatori».

Tornando alla parola del Vangelo, emerge tra le righe una domanda: quando è possibile cambiare? Quando l’uomo incrocia uno sguardo attento e misericordioso. L’atteggiamento di Gesù si discosta decisamente da quello di scribi e farisei: non giudica la donna e la prende per quello che è, accogliendo lei, il suo volto, la sua storia, senza pretendere che sia diversa e meno spaventosa («non ti condanno…»). E i suoi interlocutori sono rimandati alla loro condizione fondamentale di fronte a Dio: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7).

Soffermandosi su queste parole affiora nella mente un flashback che ci riporta al principio della Nuova Allean­ za. Giuseppe deve aver incontrato la tentazione del giudizio e della condanna quando ha appreso la notizia che la sua sposa era già incinta, senza che egli la conoscesse. Il Vangelo stesso ci racconta del profondo turbamento di quest’uomo giusto, che arriva a decidere «di ripudiare in segreto» Maria (cfr Matteo 1,19). Ma il suo atteggiamento di fondo rimane di apertura, di dialogo, di accettazione della realtà per quella che è, sospendendo ogni giudizio nella speranza che la misericordia di Dio potesse illuminare il suo imprevedibile e difficile momento. Se avesse denunciato il fatto, Maria avrebbe subito la stessa sorte alla quale gli scribi e i farisei volevano sottoporre la donna.

Gesù ha vissuto in questo clima di accoglienza, di apertura, di misericordia che ha formato in lui un cuore di uomo misericordioso e fedele. Tale atteggiamento riscontriamo nell’episodio dell’adultera ed ancora una volta i Vangeli ci fanno intuire la profonda continuità tra il Gesù della «vita nascosta» a Nazaret e il Gesù adulto che annuncia il Vangelo a tutti gli uomini e le donne del suo tempo. È la stessa continuità tra la vita quotidiana del Nazareno e i contenuti essenziali dell’annuncio di colui che è Crocifisso e Risorto, quella continuità che ancora dovrebbe riflettersi nella vita dei discepoli.

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