Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

La sofferenza segno dell’umanità di Cristo

padre Frédéric Manns ofm
14 marzo 2011
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I Vangeli mostrano un’attenzione speciale all’umanità di Gesù e ci documentano le sue reazioni di fronte a situazioni difficili da lui incontrate. Gesù esulta nello spirito, si commuove di fronte alla vedova che ha perso il figlio unico e di fronte alla tomba del suo amico Lazzaro. È sdegnato di fronte all’insensibilità degli ebrei presenti nella sinagoga quando si tratta di guarire un uomo che ha la mano destra paralizzata; è pieno di ammarezza per l’ingratitudine dei lebbrosi risanati e per l’ottusità dei scribi legalisti. Mostra indignazione verso i mercanti del Tempio. Piange su Gerusalemme. Si commuove di fronte alla folla che è senza pastore. Conosce tutti i sentimenti umani.

Un posto di rilievo è occupato dalle sue reazioni durante la propria passione. Prima di soffrire Gesù si reca a Betania dove il suo amico Lazzaro è morto. Si commuove e scoppia in pianto. Il clima emotivo è peculiare. La commozione si manifesta a seguito di un dialogo serrato. L’intensità del sentimento sembra evidenziare come il suo agire si rivolga tramite la cerchia dei suoi amici a tutta l’umanità.

Al Getsemani, nell’Orto degli Ulivi, Gesù è turbato di fronte alla morte. Comincia a sentire tristezza e angoscia. L’avvicinarsi dell’arresto imprime alla narrazione una drammaticità che richiama, gettando una luce sul suo stato d’animo, la sfera dei sentimenti condivisi con tutti gli uomini. Tradito da un suo discepolo, il Maestro conosce la solitudine e l’abbandono.

La sua sofferenza non è soltanto una lotta solitaria col proprio destino, è un pieno affidarsi al Padre. Accanto alla sofferenza si manifesta un turbamento, modulato attraverso la tristezza e la paura, che si impadroniscono di tutta la sua persona. Il maestro ha voluto condividere i tratti comuni a tutti gli uomini. Il suo timore e la sua angoscia sono quelli di un condannato a morte, anche se gli evangelisti fanno riferimento a un quadro più ampio sottolineando la comunione con il Padre. Infine, l’atteggiamento di Gesù di fronte alla morte ha un valore anticipatorio della risurrezione: rende tangibile l’annuncio della liberazione dalla morte.

Emerge dai Vangeli un forte rilievo dell’umanità dei sentimenti di Gesù che ha conosciuto la condizione umana, benché fosse di condizione divina. Gesù non ha voluto manifestare la sua divinità in modo capriccioso, estraneo alla sensibilità dell’uomo.

Nel tradurre i sentimenti di Gesù, i Vangeli hanno voluto fornire un’immagine del rapporto personale del discepolo con il Maestro come indispensabile per la fede. Il sentire del cuore si oppone alla conoscenza razionale. Certo l’ideale stoico dell’imperturbabilità ha poco di umano, se persino gli dèi della mitologia si commovevano e si arrabbiavano. La tentazione monofisita considera indegna contaminazione mondana la condivisione da parte di Gesù di ciò che è umano.

Sottolineare i suoi sentimenti significa invece prendere sul serio l’incarnazione del Verbo di Dio, che si è immerso pienamente nella nostra umanità. C’è di più: questa sofferenza è legata all’amore. «Chi non ama non soffre. Solo l’amore crea la sofferenza», diceva Paul Claudel.

Blaise Pascal nel suo libro Il Mistero di Gesù scriveva: «La doppia natura di Cristo non ci fa conoscere soltanto Dio, ma noi stessi. Conosciamo la nostra miseria che Gesù è venuto a risanare. Conosciamo Dio solo riconoscendo le nostre iniquità. Quindi ci insegna la via della nostra salvezza. Gesù è in agonia sino alla fine del mondo. Non bisogna dormire durante questo tempo».

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