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I giovani palestinesi ai politici: «L’ora di cambiare è adesso!»

Terrasanta.net
16 marzo 2011
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Si è svolta ieri in Cisgiordania e a Gaza, e continua oggi in tono minore, la «giornata della rabbia» promossa dai giovani palestinesi per chiedere l'unità politica, in chiave anti israeliana, e la fine delle spaccature politiche interne, ma anche una vita normale. A Gaza la protesta viene duramente contrastata dagli uomini di Hamas.


(Milano/c.g.) – Anche nei Territori Palestinesi sembra aver trovato un suo modo «originale» di esprimersi l’eccezionale onda di protesta che agita, da mesi, il mondo arabo. Si è svolta infatti ieri sia in Cisgiordania (in particolare a Ramallah e a Betlemme) sia a Gaza la «giornata della rabbia», che si prolunga anche ad oggi ed è stata indetta da una dozzina di organizzazioni giovanili palestinesi. Le manifestazioni rivendicano l’unità politica e la fine delle divisioni di fazione.

Ieri sono scese in piazza decine di migliaia di persone. La manifestazione era stata organizzata con pazienza, in molte settimane, grazie ai social network di Internet. I principali responsabili della mobilitazione hanno potuto così non venire allo scoperto in pubblico per evitare immediate ritorsioni da parte dei servizi di sicurezza. I giovani, che non sono assimilabili alle due maggiori fazioni politiche di Fatah e Hamas, al potere rispettivamente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, già ad inizio anno hanno pubblicato un manifesto nel quale presentano le loro posizioni: «Vogliamo tre cose: essere liberi, poter fare una vita normale e la pace. È chiedere troppo? (…) Qual è il nostro leitmotiv? Libertà. Sappiamo che è necessario che i palestinesi e i loro leader si uniscano contro l’occupazione sionista. Ed è per questo che lanciamo questo appello alla mobilitazione. Adesso. Non tra sei mesi, non tra un anno, senza aspettare che un altro massacro si abbatta su di noi. Noi lanciamo un appello perché i palestinesi si uniscano in un movimento di protesta e boicottaggio non violento. Chiediamo che non si investa in Israele e che vengano poste sanzioni contro Israele. Vogliamo che ci venga restituita la nostra terra e la nostra possibilità di movimento. Vogliamo poter andare all’estero e avere una possibilità, esattamente come tanti altri giovani della nostra età, di poter studiare. Vogliamo poterci confrontare liberamente con il mondo e poter fare un lavoro pieno di senso. Ne abbiamo abbastanza di paura, terrore, miseria, sogni infranti, bombardamenti, frontiere chiuse, pianti, violazione dei diritti umani».

Per evitare ogni strumentalizzazione, gli organizzatori hanno chiesto ai partecipanti di non portare con sé nessun altra bandiera se non quella palestinese e lo slogan più ripetuto è stato: «Nessun partito, nessuna fazione. La rivoluzione è giovane». A Ramallah ieri i partecipanti alla manifestazione sarebbero stati almeno tremila. Mentre, secondo alcune testimonianze, a Gaza City ne sarebbero scesi in piazza molti pi più (c’è chi parla di 300 mila persone). Va rilevato che non sono mancati i tentativi di strumentalizzazione del nuovo movimento sceso in piazza, da parte dei partiti al potere: a Gaza si sarebbero verificate tensioni quando un gruppo di 200 attivisti di Hamas, scandendo slogan e brandendo bandiere e simboli del proprio partito, si sono uniti ai manifestanti. Di fronte all’invito degli organizzatori a mettere da parte ogni bandiera che non fosse quella palestinese, gli attivisti di Hamas hanno reagito con la forza, provocando lo spostamento della manifestazione dalla piazza del Milite Ignoto a un’altra piazza della città.

Secondo fonti di agenzia, gli sconti sarebbero stati preparati dal capo militare di Hamas, Ahmed Jabari, che avrebbe fatto liberare un certo numero di detenuti comuni perché si contrastassero con la violenza i manifestanti. Anche a Ramallah membri di Fatah avrebbero tentato di prendere la parola in pubblico, accolti però dai fischi dei partecipanti. Le manifestazioni si sono concluse in modo caotico: a Ramallah a fine giornata si sono contati circa venti feriti, a causa di scontri con le forze di sicurezza che avevano invitato la folla a defluire. A Gaza testimoni affermano che, a un certo punto della giornata, centinaia di poliziotti hanno attaccato la folla con bastoni, senza alcun avviso o motivo reale, provocando dozzine di feriti tra manifestanti, giornalisti e attivisti dei diritti umani. Numerose persone sarebbero pure state arrestate

Dopo mesi di lavoro dietro le quinte, alcuni degli organizzatori con la manifestazione di ieri sono venuti allo scoperto: a Ramallah dieci giovani manifestanti hanno iniziato uno sciopero della fame e, con altre venti persone, hanno trascorso la notte dormendo in una piazza del centro. «Abbiamo iniziato questo sciopero della fame per dimostrare che esistiamo, siamo reali e non soltanto una presenza della rete informatica – ha spiegato all’agenzia France Presse, Fadi Quran, uno dei dimostranti -. Per la stessa ragione abbiamo deciso di dormire in piazza». Ai manifestanti è stata espressa la solidarietà anche da parte di un’organizzazione di prigionieri palestinesi delle carceri israeliane. Poco meno di un migliaio di giovani palestinesi avevano già protestato in Cisgiordania il 18 febbraio scorso.

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