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Giornata dei martiri. Ricordiamo Padovese

Terrasanta.net
23 marzo 2011
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Giornata dei martiri. Ricordiamo Padovese
Monsignor Luigi Padovese (1947-2010).

Il 24 marzo si svolge nelle comunità cattoliche di tutta Italia la diciannovesima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. Sarà l’occasione per ricordare, insieme ai tanti fedeli, consacrati e laici, caduti nel 2010, anche la figura di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia (Turchia), assassinato il 3 giugno scorso.


(Milano/g.c.) – Il 24 marzo si svolge nelle comunità cristiane di tutta Italia la diciannovesima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. Sarà l’occasione per ricordare, insieme ai tanti fedeli, consacrati e laici, caduti nel 2010 per annunciare il Vangelo, anche la figura del cappuccino mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia (Turchia), assassinato il 3 giugno 2010 a Iskenderun.

In una relazione che mons. Padovese pronunciò nel 2008 a Milano, in un convegno organizzato dai Centri culturali cattolici della diocesi ambrosiana, il vescovo toccava profeticamente il tema del martirio: «In quanto poi al “coraggio della verità”, ossia alla “parresia” nel testimoniare con franchezza e liberamente la verità cristiana, mi si permetta di ricordare che l’attuale terra di Turchia è stata il luogo in cui, più che altrove, i cristiani hanno versato il loro sangue per la fede in Cristo, ultimo in ordine di tempo don Andrea Santoro. Per noi cristiani l’attuale Turchia riveste particolare attenzione a motivo di eventi fondativi per la nostra storia. È infatti difficile immaginare come si sarebbe sviluppato il cristianesimo se non avesse trovato qui la sua prima grande espansione. Questa terra, tra le più ricche ed abitate dell’impero romano, con gruppi etnici diversi per cultura, lingue ed espressioni religiose, è stata il trampolino di lancio, il banco di prova a partire dal quale la fede cristiana ha misurato la sua capacità d’inculturarsi in mondi diversi. Qui la Chiesa è divenuta veramente “cattolica”, ossia universale, superando la tentazione e – in taluni casi – il pericolo di rimanere un gruppo settario o una comunità gravitante nell’ambito di un giudaismo a sfondo nazionalista».

La prospettiva della testimonianza fino al sangue, resa ancora più concreta dopo le uccisioni di don Santoro e del giornalista armeno Hrant Dink, era indubbiamente presente nella riflessione di mons. Padovese, che – pur nelle difficoltà del momento – nutriva però speranze per il futuro della Chiesa in Turchia: «In questo ha un suo peso, all’interno del Paese, l’affermarsi di un islam tollerante rispetto alle religioni non islamiche. Inoltre sta avendo un ruolo notevole l’interesse dell’attuale governo di avvicinare il Paese all’Europa. (…) Non va comunque dimenticato che questo cammino è tutto in salita. Potrebbero confermarlo le numerose difficoltà che noi vescovi ci troviamo spesso ad affrontare. Se, come è avvenuto nei decenni passati, accettassimo come cristiani di non comparire, anzi di scomparire, restando una presenza insignificante nel tessuto del Paese, non ci sarebbero difficoltà; ma stiamo rendendoci conto che, come sta avvenendo in Palestina ed in Libano, è una strada senza ritorno, che non fa giustizia alla storia cristiana di questo Paese e alle migliaia di martiri che ci hanno lasciato in eredità la testimonianza del loro sangue».

In varie diocesi italiane la figura del vescovo assassinato, originario di Milano, sarà rievocata con testimonianze e veglie di preghiera.

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