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Sammak: Egitto, è solo l’inizio di un grande cambiamento

Manuela Borraccino
4 febbraio 2011
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Sammak: Egitto, è solo l’inizio di un grande cambiamento
Mohammed Sammak, consigliere politico del gran muftì del Libano. (foto Comunità di Sant'Egidio)

I gravi rivolgimenti in atto in Tunisia, in Egitto e in Yemen, rappresentano «solo l’inizio di un grande cambiamento che abbiamo aspettato per molto tempo e che andrà avanti a lungo». Lo ha detto questa mattina a Roma Mohammed Sammak, segretario generale del Consiglio spirituale islamico e consigliere politico del gran muftì del Libano.


(Roma) – I gravi rivolgimenti in atto in Tunisia, in Egitto e in Yemen, rappresentano «solo l’inizio di un grande cambiamento che abbiamo aspettato per molto tempo e che andrà avanti a lungo», mentre la situazione politica in Libano resta «estremamente complessa». Mohammed Sammak, segretario generale del Consiglio spirituale islamico e consigliere politico del gran muftì del Libano, ha aggiunto che le rivolte che dal Nordafrica stanno contagiando altri Paesi del mondo arabo hanno impedito finora l’emissione di una fatwa in difesa dei cristiani alla quale stanno lavorando da un mese i principali leader musulmani sunniti e sciiti del mondo arabo, dall’Arabia Saudita alla Giordania passando per l’Egitto e la Siria. Il decreto religioso islamico, ha spiegato, «equiparerà gli attacchi subiti dai cristiani in Medio Oriente agli attacchi contro i musulmani, e gli attentati alle chiese come assalti contro le moschee».

Intervenuto oggi alla presentazione del seminario Agenda della convivenza. Cristiani e musulmani per un futuro insieme promosso il 23 febbraio a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, il professor Sammak, che è uno degli estensori del testo, ha spiegato che i rivolgimenti in atto in Medio Oriente hanno rallentato l’approvazione del decreto, che coinvolge anche il rettorato dell’università islamica di al Azhar, massima autorità religiosa sunnita in Egitto. «Il testo è pronto da tre settimane», ha detto lo studioso, che lo scorso ottobre fu invitato come rappresentante sunnita al Sinodo sul Medio Oriente. All’indomani del sanguinoso attacco alla chiesa ortodossa che, il primo gennaio scorso, aveva provocato la morte di 23 copti ad Alessandria, l’annuncio della preparazione dell’editto islamico era stato salutato da alcuni osservatori come un atto di importanza capitale nel mondo arabo e islamico, perché per la prima volta non si fa differenza tra chiese e moschee e si ammette che ogni luogo di culto va rispettato.

Nel corso dell’incontro Sammak ha sottolineato come sia molto importante tenere conto delle «sensibilità» del Medio Oriente quando si vogliono sostenere i cristiani oggi «in difficoltà» nell’area. «Occorre innanzitutto – ha detto – la presa di coscienza che qualcosa deve essere fatto per i cristiani in Medio Oriente. La seconda, che è forse ancora più importante, è come farlo». Egli ha sottolineato come molti islamisti non distinguano fra Occidente e cristiani: «essi considerano questi due piani una cosa sola, e ogni volta che c’è un problema fra un’organizzazione o uno Stato islamici e un governo occidentale, la reazione è di mettere nel mirino i cristiani». Per questo, quando l’Occidente vuole aiutarli deve tener conto delle reazioni per evitare ricadute negative. E sono prima di tutto i musulmani sul posto, ha aggiunto, che devono aiutare i cristiani.

Lo studioso ha rimarcato come le rivolte in corso nella sponda sud del Mediterraneo, «dalla Tunisia fino a un Paese tribale come lo Yemen, dove pure i cittadini non esitano a chiedere riforme, democrazia, rispetto dei diritti umani», suscitino «preoccupazione e allo stesso tempo speranza», nonostante l’assenza di «facili vie d’uscita». «È l’inizio – ha detto – di un grande cambiamento, che è cominciato in un certo senso troppo tardi, dopo una lunghissima fermentazione, e che durerà molto tempo. In Egitto, ed in parte anche in Tunisia, abbiamo assistito ad una violenza inusuale se si considerano le società di questi due Paesi. Ci aspettiamo comunque di vedere nelle prossime settimane molto di più di quanto non sia già successo. I cristiani sono parte di questi stessi cambiamenti: non sono dietro di essi, ma marciano assieme ai cittadini musulmani perchè sono dalla stessa parte e soffrono degli stessi problemi da parte dei regimi autocratici».

In Libano, dove crescono i timori che la tensione politica sfoci in uno scontro armato fra sunniti e sciiti in seguito alla pubblicazione attesa nei prossimi giorni del rapporto del Tribunale speciale per l’Onu sull’omicidio del premier Rafik Hariri nel 2005, che vedrebbe membri di Hezbollah fra gli incriminati, Sammak ha ammesso che la situazione resta «molto difficile». «Anche se è stato chiarito che verrebbero eventualmente rinviati a giudizio come individui e non come membri del partito Hezbollah – ha spiegato – questa distinzione non è stata accolta. Il nuovo premier (il miliardario Najib Miqati, sunnita e candidato di Hezbollah – ndr) sta lavorando alla creazione del nuovo governo in questo clima di scontro, di divisione. Le notizie che trapelano dal Tribunale dell’Aja rendono difficile la formazione dell’esecutivo e renderanno difficile la vita del governo».

Interpellato sul «congelamento» del dialogo fra Vaticano e Al Azhar dopo l’attacco alla chiesa copta in Alessandria, il professor Sammak ha detto infine di ritenere che le autorità egiziane «si siano sentite sotto pressione, soprattutto sul fronte interno, e abbiano malinterpretato le parole del Papa come richiesta di intervento da parte dell’Occidente».

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