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Giordania, Siria, Territori Palestinesi, attecchisce la protesta

Terrasanta.net
2 febbraio 2011
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Giordania, Siria, Territori Palestinesi, attecchisce la protesta
Giovani manifestanti in Egitto. Spicca il cartello: «Il gioco è finito». (foto Ap)

Dilaga anche altrove il movimento di rivolta che sta infiammando l'Egitto, dopo Tunisia e Algeria. In Giordania, ormai da due settimane si susseguono manifestazioni di protesta. In Cisgiordania e a Gaza le autorità cercano di contrastare le manifestazioni. A Damasco i primi segnali, per ora timidi, di sfida al regime.


(Milano/c.g.) – Anche nei Territori Palestinesi, in Giordania e in Siria vi sono echi del movimento di rivolta che sta infiammando Tunisia, Egitto e Algeria. In Giordania, ormai da due settimane si susseguono manifestazioni di protesta per la grave crisi economica, manifestazioni che hanno portato in piazza migliaia di persone. Re Abdallah, proprio ieri ha dimostrato di ascoltare la piazza, azzerando il governo che aveva promosso scomode iniziative economiche e rimuovendone il primo ministro, Samir Rifai. Al suo posto è stato nominato un uomo di fiducia del re, Marouf Bakhit, già primo ministro giordano dal 2005 al 2007.

Va rilevato in modo positivo il fatto che in Giordania la protesta è aperta e tollerata. E anche il dialogo tra istituzioni e opposizione sembra essere reale ed efficace: i leader dei Fratelli Musulmani, che dai sovrani di Amman non sono mai stati banditi, hanno dichiarato infatti la lealtà del movimento nei confronti del sovrano, sostenendo che la protesta non ha intenzione di mettere in crisi la sua leadership. Il governo giordano sembra credere a queste dichiarazioni: tant’è vero che anche le manifestazioni si solidarietà nei confronti del popolo egiziano, altrove proibite, ad Amman sono permesse e pubblicizzate. Il Jordan Times, ad esempio, ha riportato ieri la notizia di come circa 150 studenti universitari della capitale, nonostante la pioggia, avessero partecipato a un sit-in a favore della rivolta egiziana. Secondo l’articolo, la maggior parte di loro aveva seguito l’evolversi della situazione egiziana attraverso social network come Facebook e Twitter.

Differente il clima nei Territori Palestinesi. Secondo Mohammed Rabah Suliman, blogger e opinionista di The Electronic Intifada, i giovani di Gaza vedono la rivolta egiziana come una fonte di ispirazione e sostegno. Secondo Suliman, l’opinione pubblica sarebbe unita nel dare solidarietà e supporto al popolo egiziano per una sorta di identificazione tra «oppressi». «Questa intifada egiziana è in fondo il vecchio sogno arabo – afferma nell’editoriale di Suleiman un giovane di Gaza -. Ho seguito il precipitarsi degli eventi e ho sentito che la libertà degli egiziani è anche la mia libertà, come palestinese. Impazzivo di felicità e desideravo essere in Egitto». Diverso, probabilmente, il punto di vista della polizia di Gaza che lo scorso lunedì, secondo l’agenzia palestinese di notizie Ma’an, ha disperso una manifestazione di solidarietà con la rivolta egiziana in un parco di Gaza City. I manifestanti erano solo alcune dozzine ma la polizia avrebbe arrestato sei donne e otto uomini.

Secondo un osservatore italiano a Gaza, alla frontiera di Rafah, tra Striscia ed Egitto, dalla parte egiziana l’esercito, e non più la polizia, presidia il confine; mentre sul versante palestinese, Hamas previene il passaggio a chiunque, nel timore che guerriglieri palestinesi possano aggregarsi alla lotta di liberazione egiziana. Solo ai lavoratori dei tunnel, che servono a introdurre a Gaza anche generi di prima necessità, è consentito l’accesso all’area.

Domenica scorsa, secondo Ma’an, anche le forze di polizia dell’Autorità Palestinese avrebbero disperso una manifestazione di solidarietà di fronte all’ambasciata egiziana di Ramallah, in Cisgiordania. «Hamas e Fatah vanno d’accordo in pochissime cose: una di queste è la repressione di chi dissente e la soppressione delle libertà», avrebbe commentato amaramente, secondo Ma’an, Omar Barghouti, attivista e dissidente palestinese.

Anche in Siria, infine, la scintilla egiziana avrebbe innescato una pur timida forma di protesta. Sempre stando a quanto riferisce Ma’an, un gruppo di attivisti telematici siriani ha indetto attraverso Facebook e Twitter, in analogia con quanto successo in Egitto, il «giorno della rabbia» che dovrebbe iniziare subito dopo la preghiera comune del prossimo venerdì, 4 febbraio. Gli stessi attivisti sperano che il 2011 porti a una rivoluzione pacifica che ponga fine alla corruzione e alla tirannia. «Siete come i giovani di Tunisia ed Egitto – recita l’appello on-line dei giovani siriani -. Non vogliamo una rivoluzione violenta, ma una rivolta pacifica. Manifestate la vostra protesta in modo pacifico e con maniere civili, perché la libertà di espressione è garantita dalla Costituzione. Non dobbiamo più accettare l’ingiustizia», è l’invito del gruppo che, martedì mattina contava 7.800 partecipanti.

Un altro gruppo di attivisti telematici avrebbe chiamato a raccolta i giovani per un sit-in, giovedì 3 febbraio alle tre del pomeriggio. Mentre sabato scorso la polizia siriana avrebbe fatto in modo che i giovani non si riunissero di fronte all’ambasciata egiziana di Damasco, in segno di solidarietà con il popolo egiziano.

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