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C’era il governo Mubarak dietro gli attacchi alle chiese copte?

Edward Pentin
16 febbraio 2011
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C’era il governo Mubarak dietro gli attacchi alle chiese copte?
Uno stipite dell'ingresso della chiesa di al-Qiddissin, ad Alessandria d'Egitto, macchiato dal sangue delle vittime dell'antentato di Capodanno.

Uno dei più noti canali televisivi di informazione in lingua araba ipotizza che il regime del presidente Mubarak sia stato complice dell’attentato compiuto a Capodanno contro la chiesa copta di al-Qiddissin ad Alessandria d’Egitto, in cui persero la vita 24 persone. E non sarebbe stata la prima volta...


(Milano) – Uno dei più noti canali televisivi di informazione in lingua araba ipotizza che il regime del presidente Mubarak sia stato complice dell’attentato compiuto a Capodanno contro la chiesa copta di al-Qiddissin ad Alessandria d’Egitto, in cui persero la vita 24 persone. Il governo da poco estromesso potrebbe essere anche responsabile di tutta una serie di attacchi settari registrati in Egitto negli ultimi anni.

Al Arabiya e altri organi di informazione via web sostengono che il passato governo Mubarak, nella persona del ministro dell’Interno Habib el-Adly (in carica dal 1997 fino al 31 gennaio scorso – ndr), ideò l’attacco mortale alla chiesa di Alessandria nell’intento di gettare la colpa sugli islamisti, così da stringere ulteriormente la morsa nei loro confronti e guadagnarsi un più forte sostegno da parte dell’Occidente.

Il 9 febbraio Al-Arabiya ha riferito che il pubblico ministero Abd al-Majid Mahmud sta conducendo un’indagine sul presunto piano, aggiungendo che le informazioni contenute in alcuni rapporti vengono considerate «serie». Gli addebiti includono anche notizie provenienti da fonti diplomatiche e di intelligence britanniche che si dice dimostrino, con documenti scritti e registrazioni audio, come el-Adly avesse creato, nell’arco di sei anni, uno speciale sistema di sicurezza.

Il ministero avrebbe fatto ricorso a un certo numero di fuoriusciti dagli ambienti del radicalismo islamico, spacciatori di droga e imprese di sicurezza a cui fu detto di compiere atti di sabotaggio sul territorio nazionale nel caso in cui il regime si fosse trovato sul punto di collassare.

La stampa fa anche riferimento a informazioni tratte dai diplomatici britannici al Cairo da cui si desumono dettagli sull’attacco di Alessandria.

Risulta ad esempio che l’11 dicembre dello scorso anno, un funzionario del ministero dell’Interno, il maggiore Fathi Abdelwahid prese contatti con Ahmed Mohamed Khaled, che aveva trascorso undici anni nelle galere egiziane, allo scopo di coinvolgere un gruppo estremista denominato Jundullah in un attacco alla chiesa di Alessandria.

Uno dei capi di Jundullah affidò l’operazione a un membro del gruppo, Abdelrahman Ahmed Ali, che aveva il compito di guidare un’auto imbottita di esplosivo, parcheggiarla davanti all’ingresso della chiesa e poi allontanarsi prima di farla esplodere con un comando a distanza. Ma fu il maggiore Abdelwahid ad azionare il telecomando prima che l’attentatore potesse lasciare la macchina, uccidendo anche lui insieme a molti fedeli copti.

Stando a queste indiscrezioni di stampa, dopo l’attacco il maggiore Abdelwahid fece arrestare Khaled e il capo di Jundullah. I due riuscirono a fuggire insieme a molti altri detenuti quando le carceri egiziane furono travolte dalla rivolta popolare. Entrambi avrebbero trovato riparo nell’ambasciata britannica al Cairo dove hanno raccontato ai diplomatici di essere stati reclutati dal governo per compiere attacchi terroristici. In Rete compaiono altri articoli che parlano di macchinazioni dentro al ministero dell’Interno. Secondo gli osservatori, ciò contribuirebbe a spiegare il perché Gran Bretagna e Francia abbiano insistito per una rapida uscita di scena del presidente Hosni Mubarak e del suo governo, specialmente dell’apparato del ministero dell’Interno guidato da el-Adly.

Contattato da Terrasanta.net l’11 febbraio scorso, il ministero degli Esteri britannico non smentisce queste voci. «Se avessimo informazioni su attentatori le inoltreremmo ovviamente alle autorità competenti», riferisce un portavoce, che aggiunge: «Il Regno Unito condanna risolutamente tutti gli atti di terrorismo. All’atto dell’esplosione davanti alla chiesa di Alessandria, i ministri del governo britannico hanno espresso a chiare lettere indignazione e profonda tristezza per gli attacchi». Quando gli abbiamo chiesto se la dichiarazione dovesse essere interpretata come una smentita di quanto riferito dalla stampa, il portavoce non ha risposto.

Se la complicità del regime negli attacchi dovesse essere appurata, troverebbe conferma quanto riferisce l’Assyrian International News Agency secondo cui gli uomini degli apparati di sicurezza egiziani mandati a proteggere la chiesa di al-Qiddissin se ne allontanarono un’ora prima dell’attacco, lasciando sul posto solo quattro agenti e un ufficiale di polizia a tutela di quasi duemila persone riunite nella chiesa per la Messa di mezzanotte.

«Normalmente prima di andarsene avrebbero atteso fino alla fine della Messa», commenta Hany el-Gezeiry, portavoce di Copts4Egypt. Qualcosa di simile, sempre secondo l’agenzia, sarebbe accaduto anche il 6 gennaio 2010, in occasione del plurimo omicidio del Natale copto a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto.

Il mensile Reason annota che già altre volte al regime egiziano ormai estromesso è stata mossa l’accusa di sabotare l’ordine pubblico per rafforzare la propria immagine. Tra l’altro, secondo molti, nei primi giorni della recente insurrezione di piazza le forze di sicurezza avrebbero provocato saccheggi, per gettare discredito sulla protesta facendola figurare come fonte di caos e destabilizzazione.

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