In Arabia Saudita cresce in modo preoccupante il numero dei suicidi. A tentare di togliersi la vita sono in gran parte i giovani e specialmente le ragazze. Il fenomeno non riguarda più solo lavoratori immigrati in condizioni di stress, ma anche cittadini arabi di famiglie abbienti. Dai 400 casi del 1999 si è passati ai 787 del 2010. Autorità e mass media si interrogano.
(Milano) – Qualche settimana fa, ad Abha, città saudita conosciuta per i suoi contrafforti di epoca ottomana, una ragazza di 17 anni ha preso il fucile di suo padre, se lo è puntato contro il petto e si è uccisa. Non troppo lontano, a Bisha, sempre sull’altopiano arabico che corre lungo il Mar Rosso, quasi nello stesso momento, una studentessa di 20 anni si è impiccata. Intanto a Taif, la residenza estiva del governo saudita, non lontano dalla Mecca, un’altra adolescente si sparava. In un solo giorno tre suicidi, tre giovani donne morte, tutte saudite, tutte appartenenti a famiglie benestanti e senza apparenti problemi. La stampa ufficiale saudita ha registrato con onestà gli episodi, aggiornando il triste bilancio che compila di settimana in settimana. Fino a qualche tempo fa erano i lavoratori stranieri poveri a togliersi la vita; ora, sempre più di frequente, sono i sudditi del Regno. Specie i giovani, specie le donne non sposate. Un fenomeno in crescita e che preoccupa.
Il ministero dell’Interno saudita, citato dal giornale di Gedda Arab News, ha riferito che nell’ultimo decennio i suicidi sono quasi raddoppiati tra i cittadini del Regno, passando dai 400 casi del 1999 ai 787 del 2010.
Tenuto conto che per una società islamica ultraconservatrice come quella saudita, il suicidio è ancora un tabù, una vergogna da nascondere all’interno della mura familiari, le cifre sono probabilmente più alte. Già i numeri ufficiali fanno comunque riflettere e pongono interrogativi.
Secondo Arab News, le statistiche potrebbero indicare una maggiore apertura nell’affrontare questo tema da parte delle autorità del Regno. Alcuni esperti, intervistati dal giornale, ritengono però che tra i giovani sauditi, specie tra gli adolescenti – nonostante i divieti religiosi – il suicidio stia diventando una scelta accettabile, così come lo è per i loro coetanei giapponesi. Una «risposta legittima» ad una vita sempre più complessa e difficile.
Secondo una ricerca triennale condotta dal Comitato saudita per la protezione della famiglia, su 156 episodi di tentati suicidi, l’80 per cento è messo in atto da ragazze. Le cause sono «le violenze domestiche, i favoritismi dei genitori verso i figli maschi, i matrimoni forzati (rari però nelle classi più alte)», ha spiegato al quotidiano Al-Watan, la presidente della Commissione Samira Mashhor.
Una dottoressa di un ospedale di Ryadh ha raccontato di recente alla Reuters di trattare circa 11 casi al mese di tentati suicidi da parte di ragazze. Molte di loro si imbottiscono di sonniferi o barbiturici, quasi non volessero in realtà uccidersi, ma lanciare un disperato segnale di aiuto. È il sintomo – spiega il medico – di una sofferenza ormai diffusa per la condizione femminile in un Paese di stretta osservanza islamica. «Le donne piombano nella disperazione, quando si vedono negati il diritto di scegliere la propria vita e di realizzare la loro libera volontà», spiega la dottoressa, di cui non è citato il nome . A suo avviso, le ragazze saudite «non hanno canali di comunicazione con i loro genitori e raramente ricevono solidarietà per le angosce emotive e sociali. Purtroppo – conclude – ascoltare un’adolescente e simpatizzare con lei non sembra far parte delle capacità della nostra società».
L’aumento dei suicidi non riguarda solo le giovani donne dell’Arabia Saudita. Tra gli episodi di cronaca degli ultimi giorni, i quotidiani locali riportano le notizie di un ragazzo che si è sparato davanti a tutta la sua famiglia a Ras Tanura, località sul Golfo Persico ed un altro che, nelle province orientali, si è affogato in una cisterna d’acqua sul tetto di casa sua.
Se in altre parti del mondo arabo, ben più povere rispetto al Golfo, il disagio giovanile si è ormai incanalato nell’incendio delle proteste di piazza contro i regimi locali, in Arabia Saudita il malessere della nuova generazione ha per ora il volto di una sofferenza personale portata talvolta alle estreme conseguenze. Anche questo però è un campanello d’allarme.