Anche quest’anno al Cairo la paura fa novanta e nelle scuole, come nei posti di lavoro, vengono distribuiti avvisi su come difendersi dall’influenza H1N1 che sta arrivando in grande stile sulle rive del Nilo. Ospedali e medici di base temono di dover far fronte a una forma di psicosi collettiva. Ma il pericolo maggiore resta l'aviaria.
(Milano/g.c.) – Lavarsi spesso le mani ed evitare i luoghi affollati. In una città tentacolare e caotica come Il Cairo sono raccomandazioni difficili da osservare. Basta considerare il flusso dei pedoni lungo una delle vie principali, o le interminabili file in attesa dei mezzi pubblici sia sotterranei che di superficie, per rendersi conto di quanto sia difficile, specie nelle ore di punta, evitare la calca.
Ma anche quest’anno al Cairo la paura fa novanta e nelle scuole come nei posti di lavoro vengono distribuiti avvisi su come difendersi dall’influenza H1N1 (popolarmente nota come la suina), che sta arrivando in grande stile sulle rive del Nilo. Con il risultato che gli ospedali e i medici di base temono di dover far fronte a una forma di psicosi collettiva.
«Ci sono decine di casi sospetti ogni giorno, ma non necessariamente un rialzo della temperatura è sintomo dell’H1N1», spiega a Nasser al-Sayed, responsabile della sezione del ministero della Salute che si occupa di medicina preventiva. Dall’ottobre 2010 ad oggi sono stati però diagnosticati oltre 2 mila casi di febbre suina, una percentuale d’infezioni, se rapportata alla popolazione, che sembra non destare ancora gravi preoccupazioni. Nel 2010, secondo i dati fornito dal ministero, i decessi imputabili all’influenza H1N1, in tutto l’Egitto, sono stati 14.846.
A preoccupare di più le autorità sanitarie egiziane sembra non essere tanto la suina, quanto piuttosto una recrudescenza dell’H5N1, la terribile aviaria, il virus che si trasmette dai volatili all’uomo. E che appare un nemico più subdolo da combattere, anche in virtù dell’altissima concentrazione di pollame (veicolo privilegiato d’infezione) non solo nelle aree rurali, ma persino nei condomini delle grande città (dove questi bipedi sono allevati spesso sui balconi o nei cortili).
Il 5 gennaio scorso si sono verificate due morti su quattro casi denunciati. Per questa ragione l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che l’Egitto sia il Paese più a rischio nel sud del Mediterraneo. A spaventare dell’aviaria è l’alta percentuale di decessi in rapporto al numero degli ammalati: 34 per cento. Un dato che fa temere per la popolazione egiziana, in caso di pandemia.