I governanti e gli Stati devono fare di più per il diritto inalienabile alla libertà religiosa. Il Papa è tornato a ribadire stamane, nel tradizionale discorso per gli auguri di inizio d’anno ai 180 ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, quanto aveva già richiesto con forza nel Messaggio per la Giornata mondiale per la pace.
(Città del Vaticano) – I governanti e gli Stati devono fare di più per il diritto inalienabile alla libertà religiosa, in particolare in Egitto, in Iraq, in Nigeria, in Pakistan e negli altri Paesi dove le comunità cristiane sono aggredite dal terrorismo e dalle restrizioni alle attività pastorali. Il Papa è tornato a ribadire stamane, nel tradizionale discorso per gli auguri di inizio d’anno ai 180 ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, quanto richiesto con forza nel Messaggio per la Giornata mondiale per la pace: se volete l’armonia tra i popoli, garantite a ognuno il diritto di avvicinarsi a Dio. Con un appello all’abrogazione della legge sulla blasfemia in Pakistan, tanto più che tale legge, ha detto, «serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose».
Benedetto XVI ha dedicato il suo intervento alla libertà religiosa che è «la via fondamentale per la costruzione della pace». Poiché la pace, ha affermato, «si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri». Oltre agli appelli formulati nei vari viaggi all’estero dell’anno scorso, da Malta alla Gran Bretagna, il Sinodo speciale per il Medio Oriente che si è svolto ad ottobre in Vaticano è stato «un momento di preghiera e di riflessione, durante il quale il pensiero si è rivolto con insistenza verso le comunità cristiane di quelle regioni del mondo, così provate a causa della loro adesione a Cristo e alla Chiesa».
«Sì, guardando verso l’Oriente – ha ricordato il Pontefice – gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo».
Ratzinger ha ricordato i sanguinosi attacchi che nella notte di Natale in Nigeria e nella notte di Capodanno ad Alessandria d’Egitto hanno colpito brutalmente dei fedeli riuniti in preghiera in chiesa. «Questa successione di attacchi – ha affermato – è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i governi della regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose». E, ricordando quanto affermato dai patriarchi e vescovi del Medio Oriente nel Messaggio conclusivo del Sinodo (10-24 ottobre 2010), ha ribadito quanto i cristiani siano cittadini a tutti gli effetti dei loro Paesi, non delle minoranze estranee alla storia e cultura delle loro patrie: «Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente – ha scandito – i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione».
Il Papa ha elogiato le campagne di sensibilizzazione promosse dall’Italia insieme all’Ungheria, presidente di turno dell’Unione Europea, per una risposta comune dell’Ue per la difesa dei cristiani del Medio Oriente. Tanto più che «la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni» ha detto.
Benedetto XVI ha chiesto di «accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità» e ai leader degli Stati della Penisola Arabica, dove vivono circa tre milioni e mezzo di immigrati cristiani, ha ribadito la richiesta di chiese e «adeguate strutture pastorali» per la Chiesa cattolica.
Egli ha poi chiesto nuovamente alle autorità del Pakistan di «compiere gli sforzi necessari» per abrogare la legge sulla blasfemia, «tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose». Il tragico assassinio del governatore del Punjab Salmaan Taseer (ucciso il 4 gennaio scorso da una delle sue guardie del corpo, “infastidita” dall’opposizione del politico alle norme contro la bestemmia – ndr), «mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione».
Il Pontefice ha poi espresso preoccupazione per altre situazioni e atti di violenza «nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici». «Il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi. A questo proposito, è importante – ha affermato – che il dialogo inter-religioso favorisca un impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni persona e di ogni comunità».
Oltre alla Cina, dove i fedeli vivono «un momento di difficoltà e di prova», il Papa ha poi chiesto «piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali» per le comunità cattoliche di vari Paesi, dove «la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria, perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società». «Bisogna che cessino tali ambiguità – ha detto – in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria».
Una dura critica è stata infine espressa da Papa Ratzinger alla crescente emarginazione alla quale la religione è sottoposta in Occidente, malgrado la grande importanza attribuita «al pluralismo e alla tolleranza». Qui «si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale» pretendendo che i cristiani «agiscano nella loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali e persino in contraddizione con esse» come si è visto nel caso dei tentativi (falliti) da parte di istituzioni europee di limitare il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari «di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto».