«Non voglio entrare in polemica con don Luigi Verzé, ma è un fatto che certe iniziative non sono state viste di buon occhio dalla Santa Sede perché hanno creato un binario parallelo che ha finito per nuocere ai negoziati ufficiali della Chiesa cattolica». Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, nunzio a Tel Aviv dal 1990 al 1998, puntualizza a Terrasanta.net quanto raccontato recentemente da don Luigi Verzè sulla rivista Kos.
(Roma) – «Non voglio entrare in polemica con don Luigi Verzé, ma è un fatto che certe iniziative non sono state viste di buon occhio dalla Santa Sede perché hanno creato un binario parallelo che ha finito per nuocere ai negoziati ufficiali della Chiesa cattolica». Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, artefice dell’Accordo fondamentale fra Santa Sede e Israele del 1993 e nunzio a Tel Aviv dal 1990 al 1998, puntualizza con queste parole a Terrasanta.net quanto raccontato da don Luigi Verzè in un intervento sulla rivista Kos (rilanciato dal Corriere della Sera il 19 gennaio scorso) a proposito del restauro del Cenacolo di Gerusalemme.
«Don Verzé è un uomo del fare, che si è sempre speso con concretezza sul piano della carità, con risultati per i quali io stesso lo ammiro e lo apprezzo» è la premessa del porporato, che all’epoca dei fatti dovette richiamare il sacerdote ad una maggiore disciplina per aver intrapreso iniziative che crearono intralci al lavoro della diplomazia pontificia e di fatto contribuirono al naufragio della trattativa sul Cenacolo.
Nell’articolo citato, il fondatore del San Raffaele di Milano ha raccontato di aver «restaurato» nel 1995 a proprie spese il Cenacolo di Gerusalemme, luogo santo per il cristianesimo al centro da molti anni, com’è noto, di una complessa trattativa giuridica con Israele. Don Verzé scrive come nessun rappresentante ecclesiastico cattolico intervenne all’inaugurazione nel 1996 del Cenacolo restaurato: «Sobillati dalla potente frangia dei francescani custodi dei Luoghi sacri di Gerusalemme, [i cattolici, a cominciare dal patriarca latino] erano offesi perché senza il loro consenso avevo chiesto e ottenuto dal governo ebraico l’autorizzazione al restauro, cosa che nessun’altra autorità poteva concedermi».
«La “potente frangia dei francescani” non c’entra», sorride il cardinale Montezemolo. «Loro, anzi – specifica – hanno sempre rivendicato la proprietà del Cenacolo a nome della Chiesa cattolica, mentre per gli israeliani la questione non era affatto così chiara. Il fatto è che io stesso, in quegli anni di trattative, avevo formulato un suggerimento alle autorità israeliane: anche tenendo conto della situazione giuridica molto complessa che caratterizzava questo caso, avevo perorato l’ipotesi di una restituzione che certamente avrebbe avuto un impatto positivo nei rapporti fra la Chiesa cattolica e Israele. Ma per gli israeliani era discutibile a chi appartenesse il Cenacolo, essendo passato di mano in mano nel corso dei secoli. La trattativa era difficile ed esitavano. Fu in quel contesto che si venne a sapere dell’iniziativa intrapresa da don Verzè: un’iniziativa che aveva creato un parallelismo con i negoziati che la Santa Sede stava portando avanti, e che finì per nuocere alla Chiesa perché poco dopo le autorità israeliane lasciarono cadere la richiesta, della quale non si seppe più nulla. Non hanno mai restituito il Cenacolo per colpa di quell’episodio? Non lo sappiamo. Però è un fatto che il gesto di don Verzé si è rivelato un ostacolo».
Il cardinale ci tiene a precisare che non è in discussione il giudizio personale sui protagonisti di quella vicenda: «Don Verzé è un realizzatore, una persona chiara, semplice e sincera, che è sempre stato animato da ottimi ideali. Anche l’allora sindaco di Gerusalemme Teddy Kollek era un’ottima persona. Ma certi binari – rimarca – non vanno intralciati: quando ci sono dei negoziati ufficiali in corso va rispettato il lavoro dei negoziatori. E l’iniziativa presa di testa sua, con tutte le migliori intenzioni, non ha portato al risultato che si sperava».
Acquistata dai reali di Napoli, Roberto d’Angiò e Sancia d’Aragona, nel 1333 – a cui fu ceduta dai sultani mamelucchi -, la sala sul Monte Sion, dove si presume sia avvenuta l’Ultima Cena, venne affidata alla Custodia di Terra Santa. Ai francescani fu strappata dai turchi nel 1551 e dichiarata dopo il 1948 «proprietà di assenti» secondo la legislazione israeliana, in seguito all’abbandono da parte della famiglia musulmana che l’aveva avuta in gestione sotto l’Impero ottomano. Dal 1948 il Cenacolo è in mano al ministero israeliano per gli Affari religiosi.