Si apre il 18 gennaio in Italia e in molti Paesi europei la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. I sussidi proposti per la Settimana, quest’anno sono stati preparati dalle Chiese di Gerusalemme. Ce lo rammenta Daniel Attinger nel numero di gennaio-febbraio del bimestrale Terrasanta. Un’anticipazione.
Si apre il 18 gennaio in Italia e in molti Paesi europei la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (in Terra Santa viene celebrata più tardi per evitare di sovrapporsi al Natale degli armeni ortodossi). I sussidi proposti per la Settimana, quest’anno sono stati preparati dalle Chiese di Gerusalemme. Ce lo rammenta Daniel Attinger nel numero di gennaio-febbraio del bimestrale Terrasanta. Eccovi un’anticipazione della sua rubrica In dialogo.
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Nel 2011 la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani trova Gerusalemme al cuore delle celebrazioni in tutto il mondo, poiché i sussidi per essa sono stati preparati da un comitato di cristiani di diverse confessioni di Gerusalemme. Già il tema è significativo: «Perseveravano nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). Rimanda alla prima comunità cristiana che resta «il modello e l’icona dell’unità nella diversità». L’unità, infatti, non è anzitutto una questione di strutture ecclesiastiche che si devono in un modo o in un altro concertare o coordinare, è piuttosto un atteggiamento interiore nel quale ci si radica nel Signore, fonte di unità.
Ciò avviene nella perseveranza che indica uno sforzo da rinnovare giorno dopo giorno; non ci si può installare nell’unità, perché essa non è una costruzione umana, ma dono che Dio fa, nella misura in cui non si cessa di chiederlo – «chiedete e vi sarà dato»–, ma questa perseveranza implica anche disponibilità; non è un caso se lo stesso verbo «perseverare» significa in Marco 3,9 «mettere a disposizione». Disponibilità, e quindi apertura, apertura all’altro, ai suoi bisogni, alle sue necessità, ai suoi doni e alle sue capacità; apertura soprattutto all’Altro e al suo appello.
Vengono poi le specificazioni. L’insegnamento degli apostoli non è solo la Bibbia, ma piuttosto il modo con cui la Scrittura è stata riletta dagli apostoli in seguito alla loro esperienza di vita con Gesù e agli eventi pasquali, la sua morte, la sua risurrezione, il dono dello Spirito. La comunione è certo condivisione dei beni, ma più ancora farsi carico di una stessa funzione (il latino munus, che si trova nel termine com-munio), vocazione e missione: vivere e annunciare l’Evangelo. Lo spezzare il pane rimanda all’eucaristia: partecipare alla stessa mensa eucaristica resta la grande speranza del movimento ecumenico, ma, come insegna tutta la tradizione ecclesiale, l’accostarsi all’eucaristia implica prima riconciliazione fra di noi; lo ricordano opportunamente le letture proposte per l’ultimo giorno della Settimana: «Lascia lì la tua offerta e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello» (Mt 5,21-26); questa è una parola tremenda: non invalida forse ogni eucaristia celebrata attualmente nelle nostre chiese? Le preghiere infine, che culminano nella preghiera di Gesù, il Padre nostro, col quale non solo ubbidiamo al comando del Signore che disse: «Pregate così!» (Mt 6,9), ma ci inseriamo nella preghiera che il Cristo rivolge a Dio, diventiamo parte del Figlio che prega il Padre. Tuttavia, «siamo volentieri pronti a pregare per l’unità, ma ciò può anche evitarci di agire perché essa avvenga. È forse possibile che ostacoliamo noi stessi le Spirito, facendo ostacolo all’unità; che il nostro orgoglio impedisca l’unità?»
A ciò i cristiani di Gerusalemme invitano non solo le Chiese del mondo, ma anche se stessi. «Coscienti delle loro divisioni e della loro necessità di fare di più per l’unità del Corpo di Cristo, le Chiese di Gerusalemme chiamano tutti i cristiani a riscoprire i valori che costituivano l’unità della prima comunità cristiana di Gerusalemme (…). Questa è la sfida che ci è indirizzata. I cristiani a Gerusalemme chiamano i loro fratelli e sorelle a fare di questa settimana di preghiera l’occasione di rinnovare il loro impegno a lavorare per un vero ecumenismo, radicato nell’esperienza della Chiesa primitiva».