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Alessandria interroga

Giorgio Bernardelli
5 gennaio 2011
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Alessandria interroga
Le forze antisommossa presidiano la chiesa copta colpita dall'attentato di Capodanno ad Alessandria d'Egitto.

La strage dei copti avvenuta ad Alessandria d'Egitto la notte di Capodanno ha turbato i cristiani di tutto il Globo. Ma anche nel mondo musulmano si discute apertamente di questo barbaro attentato terrorista. Tra quelle che ho visto vi sono tre reazioni che ci sembra interessante segnalare.


La strage dei copti avvenuta ad Alessandria d’Egitto la notte di Capodanno ha turbato i cristiani di tutto il Globo. Ma anche nel mondo musulmano si discute apertamente di questo barbaro attentato terrorista. Tra quelle che ho visto vi sono tre reazioni che mi sembra particolarmente interessante segnalare.

Partiamo ovviamente dall’Egitto, il teatro di questa violenza. Paese politicamente già di per sé tra l’incudine del governo del «faraone» Hosni Mubarak – non certo un modello quanto a democrazia e lotta alla corruzione – e il martello dell’alternativa islamista, incarnata dal partito dei Fratelli Musulmani che storicamente è considerato il tronco da cui è nato l’islamismo jihadista. Significativamente sia l’uno che gli altri hanno condannato la strage, attribuendola alla mano esterna di al Qaeda. Ma il problema – come osserva Hassan Nafaa, docente di sciente politiche all’Università del Cairo in un commento apparso sul quotidiano indipendente al Masry al Youm che rilanciamo qui sotto – è che la provenienza di chi ha organizzato l’attentato non cambia la sostanza delle cose. Intanto perché la strage di Alessandria non è diversa da quella avvenuta un anno fa a Nag Hammadi. Ma soprattutto perché mette a nudo l’incapacità del governo di Mubarak nel garantire protezione ai cristiani copti. «Il regime – accusa senza mezzi termini Nafaa – tiene in piedi da trent’anni uno stato di emergenza con il pretesto della lotta al terrorismo. Ma piuttosto che per combattere il terrorismo ha usato le leggi speciali per stroncare qualsiasi opposizione al governo. (…) Sia i musulmani sia i copti hanno perso ogni fiducia in questo regime perché sono convinti che non miri a nient’altro che a mantenere il potere».

Questa escalation di attacchi verso i copti – dunque – non nasce dal nulla: quella che si gioca intorno al Cairo oggi è la partita delle partite in Medio Oriente. Con Mubarak – ottantenne e malato – che si ricandida alle elezioni presidenziali di quest’anno, ma è comunque sul viale del tramonto. Chi attacca i copti lo fa pensando di ripetere qui ciò che è già successo a Istanbul all’inizio del Novecento e a Baghdad in questi ultimi anni: mira a costruire un nuovo Egitto rigidamente islamico spazzando via le minoranze. Ma la partita è complessa. E lo dimostra l’atteggiamento dei Fratelli Musulmani: non solo hanno condannato l’attacco, ma sul loro sito in queste ore hanno anche ospitato una presa di posizione interessante di Yusuf al-Qaradawi – il più famoso predicatore islamico della corrente salafita, considerato l’ideologo dei Fratelli Musulmani, che su al Jazeera tiene il seguitissimo programma Sharia e vita. Anche al-Qaradawi ha condannato la strage di Alessandria, ma si è spinto più in là sconfessando esplicitamente i movimenti jihadisti e aggiungendo che anche all’interno dell’integralismo c’è un’evoluzione in corso che spinge sempre di più ad abbandonare la violenza per la politica. Come interpretare queste parole? A me paiono un segno evidente di una dialettica interna presente ormai anche all’interno delle correnti più integraliste. E che prova come la vera partita – sull’Egitto di domani, ma non solo – si giochi intorno all’autocoscienza rispetto all’identità islamica.

In questo senso vale infine la pena di citare una terza voce, che arriva dall’islam americano: sul sito altmuslim.com – il più importante sito islamico degli Stati Uniti – in reazione all’attentato di Alessandria è apparso un articolo interessante in cui si ricorda un altro elemento importante: uno degli aspetti paradossali di questa vicenda – sostiene altmuslim – è che avvenga proprio in Egitto, cioè nel Paese della Carta di Santa Caterina, il più importante documento islamico sul rispetto da riservare ai cristiani. Un testo attribuito personalmente al profeta Muhammad e tuttora custodito nel monastero sul Sinai visitato anche da Giovanni Paolo II. Un documento in cui non solo si dice che nessun cristiano deve essere obbligato a convertirsi all’islam, ma si condannano anche con molta chiarezza tutte le violenze ai danni dei cristiani. Questo era il vero messaggio dell’islam del VII secolo, quell’età della purezza a cui i fanatici di al Qaeda vorrebbero riportare il mondo. E l’unico modo per aiutare davvero i copti in Egitto è dare voce oggi a quei musulmani che provano a ricordarlo.

Clicca qui per leggere l’articolo di Hassan Nafaa sul sito di al Masry al Youm

Clicca qui per leggere le tesi di al-Qaradawi sul sito dei Fratelli Musulmani

Clicca qui per leggere il commento di Peter Gray su sito americano Altmuslim

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