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Un ricordo di Barluzzi, a cinquant’anni dalla morte

Giuseppe Caffulli
13 dicembre 2010
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A lui si devono le basiliche più imponenti della Terra Santa: il Tabor, il Getsemani, le Beatitudini. In Italia è quasi dimenticato, ma non in Israele, dove la sua opera è studiata nelle università: è l'architetto Antonio Barluzzi, morto a Roma il 14 dicembre 1960. La Custodia di Terra Santa lo ricorda con un convegno e una mostra fotografica presso il Christian Information Centre, a Gerusalemme.


(Milano) – A lui si devono le basiliche più imponenti della Terra Santa: il Tabor, il Getsemani, le Beatitudini. Non c’è pellegrino che non incontri qualcuna delle sue realizzazioni, eppure la sua figura è dimenticata, se non ignorata in Italia. Non così a Gerusalemme, dove la sua opera è studiata nelle università e dove la Custodia di Terra Santa si appresta a ricordare la figura di Antonio Barluzzi, a cinquant’anni dalla morte avvenuta il 14 dicembre 1960, con un convegno e una mostra fotografica presso il Christian Information Centre, alla presenza del Custode di Terra Santa fra Pierbattista Pizzaballa.

Nato a Roma nel 1884, figlio di una famiglia della borghesia romana, Antonio Barluzzi inizia a lavorare a Gerusalemme nel 1912 assieme al fratello Giulio, incaricato della costruzione dell’Ospedale italiano per conto dall’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani (Ansmi). Al termine della prima guerra mondiale riceve l’incarico di progettare e costruire le chiese del Monte Tabor e del Getsemani. Dopo aver restaurato la cappella della Flagellazione a Gerusalemme (1928) e aver progettato e costruito l’Ospedale italiano di Haifa (1934), ottiene l’incarico di costruire il santuario delle Beatitudini, sul Lago di Galilea. Nel 1937 si occupa del restauro della cappella del Calvario al piano superiore del Santo Sepolcro. Gli è poi affidata la realizzazione del santuario della Visitazione ad Ain Karem. Dopo la parentesi della seconda guerra mondiale, è incaricato di realizzare altri importanti santuari: Betfage, Betania, la cappella del Campo dei Pastori a Betlemme, il Dominus Flevit sul Monte degli Ulivi. Trascorre gli ultimi anni lavorando al quello che considera il sogno della sua vita; la realizzazione della basilica dell’Annunciazione a Nazaret. Un progetto che non realizzò mai (l’incarico fu dato all’architetto Giovanni Muzio). Muore povero (aveva donato tutti i suoi beni ad un istituto di suore) il 14 dicembre 1960 in una cella francescana del convento della Delegazione di Terra Santa a Roma, a 76 anni.

Durante la sua lunga carriera di «architetto di Terra Santa» non gli sono mancati riconoscimenti: è stato vice-console onorario d’Italia in Palestina; è stato insignito della nomina di Cavaliere della Corona d’Italia nel 1922; ha ricevuto la Commenda dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme; ha ottenuto la dignità di Cavaliere Magistrale dell’Ordine di Malta. Infine, il 24 luglio 1957, gli è stata conferita l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.

Antonio Barluzzi, anche negli anni della sua maggior fortuna professionale, visse semplicemente e lontano dalle tentazioni mondane, fedele alla missione che – fin dai primi anni di presenza in Terra Santa – si era dato: impegnarsi nella salvaguardia e nella custodia dei Luoghi Santi.

Padre Pacifico Gori, allora superiore del convento di Roma e delegato del Custode per l’Italia, nel dare la notizia della morte del Barluzzi, ne mise in evidenza soprattutto le doti spirituali: «Fu innanzitutto un uomo di fede, di preghiera e di profonda vita interiore. Rinunciò ai vantaggi che la professione gli avrebbe potuto procurare e volle vivere e morire povero accanto ai francescani di Terra Santa».

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