Questa mattina in Vaticano, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i membri della Curia romana per il consueto scambio degli auguri natalizi. Nel suo discorso, il Papa ha toccato alcuni temi importanti per la vita della Chiesa nel 2010. Tra gli altri il Sinodo per il Medio Oriente e il viaggio a Cipro.
(Milano/g.s.) – Questa mattina in Vaticano, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i cardinali presenti a Roma e i membri della Curia romana per il consueto scambio degli auguri natalizi. Nel suo discorso, il Papa ha toccato alcuni temi importanti per la vita della Chiesa nell’anno che sta per concludersi.
Dopo essersi soffermato sull’Anno sacerdotale e sulle angustie provocate alla Chiesa dal fenomeno della pedofilia tra il clero di vari Paesi, il Papa ha voluto tornare con il cuore al Sinodo per il Medio Oriente, celebrato in ottobre, e al suo prologo: il viaggio a Cipro di inizio giugno.
Di quel soggiorno sulla terza isola del Mediterraneo Ratzinger dice: «Rimane indimenticabile l’ospitalità della Chiesa ortodossa che abbiamo potuto sperimentare con grande gratitudine. Anche se la piena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioia che la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con gli altri: il ministero sacramentale dei Vescovi come portatore della tradizione apostolica, la lettura della Scrittura secondo l’ermeneutica della Regula fidei, la comprensione della Scrittura nell’unità multiforme incentrata su Cristo sviluppatasi grazie all’ispirazione di Dio e, infine, la fede nella centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Così abbiamo incontrato in modo vivo la ricchezza dei riti della Chiesa antica anche all’interno della Chiesa cattolica. Abbiamo avuto liturgie con maroniti e con melchiti, abbiamo celebrato in rito latino e abbiamo avuto momenti di preghiera ecumenica con gli ortodossi, e, in manifestazioni imponenti, abbiamo potuto vedere la ricca cultura cristiana dell’Oriente cristiano. Ma abbiamo visto anche il problema del Paese diviso. Si rendevano visibili colpe del passato e profonde ferite, ma anche il desiderio di pace e di comunione quali erano esistite prima. Tutti sono consapevoli del fatto che la violenza non porta alcun progresso – essa, infatti, ha creato la situazione attuale. Solo nel compromesso e nella comprensione vicendevole può essere ristabilita l’unità. Preparare la gente per questo atteggiamento di pace è un compito essenziale della pastorale».
Allargando lo sguardo al Medio Oriente il Papa ha osservato: «Negli sconvolgimenti degli ultimi anni è stata scossa la storia di condivisione, le tensioni e le divisioni sono cresciute, così che sempre di nuovo con spavento siamo testimoni di atti di violenza nei quali non si rispetta più ciò che per l’altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell’umanità. Nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata. Per secoli hanno vissuto pacificamente insieme con i loro vicini ebrei e musulmani. Nel Sinodo abbiamo ascoltato parole sagge del Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano contro gli atti di violenza nei confronti dei cristiani. Egli diceva: con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi. Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli. Anche qui l’ostacolo è il collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico. Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza, il Sinodo ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell’accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo. L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti. Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione. In ultima analisi, il risanamento può venire soltanto da una fede profonda nell’amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest’ora».