I musulmani sciiti hanno da poco celebrato l'Ashura, la ricorrenza religiosa che ricorda il martirio di Alì, il nipote del profeta Maometto. Come sempre accade in questa occasione, le processioni degli sciiti in Medio Oriente sono diventate l'occasione per uno sguardo a un tema caldissimo: quello dell'influenza che oggi l'Iran ha su tutta la regione.
I musulmani sciiti hanno appena celebrato l’Ashura, la loro ricorrenza religiosa più importante in cui si ricorda il martirio di Alì, il nipote del profeta Maometto. Come sempre accade in questa occasione, le processioni degli sciiti in Medio Oriente sono diventate l’occasione per uno sguardo a un tema caldissimo: quello dell’influenza che oggi l’Iran ha su tutta la regione. Vi risparmio le analisi geopolitiche o quelle sui legami con Hezbollah o Hamas che trovate già su tutti i quotidiani. Mi concentro invece su due articoli più curiosi usciti in questi ultimi giorni che – secondo me – rendono bene l’idea del clima che si respira in molte capitali del Medio Oriente.
Il primo è tratto dal blog che tiene sul sito di Al Jazeera Teymoor Nabili, uno degli anchormen più popolari dell’emittente di Doha. Tra i cavalli di battaglia di Nabili c’è l’«ossessione degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran»: quindi è una fonte da trattare un po’ con le molle. Però la notizia che propone sul suo blog è ugualmente interessante: parla infatti di una querelle linguistica in corso riguardo alla denominazione del mare che corre intorno alla Penisola arabica. Nabili racconta, infatti, che sempre più spesso fonti americane utilizzano l’espressione Golfo Arabico anziché Golfo Persico. Recentemente è successo sulla pagina ufficiale della marina americana su Facebook; il che ha guadagnato alle forze navali Usa un’intemerata da parte del National Iranian American Council, l’associazione dei cittadini americani di origine iraniana. A quel punto la Us Navy ha fatto marcia indietro con tanto di scuse. Teymoor Nabili sostiene però che non sia affatto un caso isolato: la denominazione Golfo Arabico è stata utilizzata – ad esempio – anche da un alto funzionario del Dipartimento di Stato come Andrew Shapiro. Ma c’è anche un altro dato interessante: il giornalista di Al Jazeera racconta come in realtà quel tratto di mare, anche dopo l’ascesa dell’islam, in arabo sia sempre stato chiamato Bahr Fars, e cioè Golfo Persico. E – ironia della sorte – i primi a utilizzare l’espressione Golfo Arabico furono sì alcuni arabi, ma in chiave antiamericana. Accadde infatti dopo il 1973 in aperta polemica con l’Iran dello shah, accusato di aver appoggiato Israele e gli Stati Uniti nella guerra dello Yom Kippur. Fu un fuoco di paglia dettato dalla politica, e infatti ancora oggi per tutti nel mondo arabo quello è il Golfo Persico. Un bell’intreccio – dunque – tra geografia, psicologia e percezione del nemico…
L’altro articolo che vi propongo è tratto dal settimanale egiziano Al Ahram Weekly ed è una descrizione di che cos’è la festa dell’Ashura e di come gli sciiti qualche giorno fa si preparavano a celebrarla. Fonte interessante per la provenienza: l’Egitto, Paese sunnita, e storicamente potenza rivale di Teheran da qualcosa come qualche millennio. Le notizie importanti qui sono due. Intanto è una delle poche fonti che ricordano come – sotto traccia – il fermento dell’opposizione degli studenti sfociata nelle manifestazioni represse nel sangue nell’estate 2009 resti vivo in Iran. E proprio le festività religiose sono il momento di massima allerta per il regime degli ayatollah (fatto quanto meno singolare). Ma l’elemento su cui mi interessa concentrare l’attenzione sono soprattutto le ultime tre righe dell’articolo, che buttano lì una notizia non da poco: Ahmadinejad, a tempo di record , si è già fatto avanti per offrire assistenza al Qatar nell’organizzazione dei mondiali di calcio del 2022. Staremo a vedere quanto c’è di concreto in questa proposta. Ma certo il presidente iraniano ha ancora una volta dato il là a quella che sarà una delle questioni chiave intorno alla recente scelta della Fifa, la Federazione internazionale del calcio. Non ci sono solo i petrodollari e la vocazione turistica degli Emirati Arabi; dietro le quinte del Mondiale c’è anche l’intreccio tra calcio e politica in Medio Oriente. E il primo evento sportivo realmente globale giocato in quest’area del mondo sarà l’ennesima occasione per misurare i rapporti di forza tra le potenze regionali.
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Clicca qui per leggere l’articolo del blog di Teymoor Nabili sul sito di Al Jazeera
Clicca qui per leggere l’articolo di Al Ahram Weekly