(Milano) – Gli investimenti stranieri nei Territori Palestinesi sono in crescita e il settore informatico assume proporzioni sempre più significative, secondo recenti studi dell’Autorità Palestinese. Pesanti restrizioni continuano però a contrastare la crescita della Striscia di Gaza.
La prima indagine statistica sugli investimenti stranieri mai realizzata dall’Autorità monetaria palestinese e dall’Ufficio centrale di statistica palestinese (Pcbs) dice che individui e istituzioni nel 2009 hanno investito una cifra pari a 1,58 miliardi di dollari nei Territori, con un incremento del 19 per cento rispetto all’anno prima. La ricerca, che prende in esame il biennio 2008-2009, è stata pubblicata il 13 ottobre scorso.
In un’altra rilevazione, il Pcbs riferisce che in Palestina il settore informatico e delle comunicazioni (utilizzo dei computer, di Internet e ricorso al commercio elettronico) è «significativamente cresciuto» negli ultimi dieci anni. I dati evidenziano un aumento di 25-30 punti percentuali nell’arco di tempo considerato, tanto da giungere a rappresentare il 5 per cento del Prodotto interno lordo.
Gli esiti di questi studi vengono citati nel numero di novembre del Palestinian Economic Bulletin, edito dall’Istituto di ricerca palestinese per la politica economica e pubblicato da The Portland Trust.
Il bollettino annota che, stando all’inchiesta sugli investimenti esteri, tra il 2008 e il 2009 gli investimenti palestinesi all’estero sono scesi da 5,31 a 5,27 miliardi di dollari, un valore che rimane però tre volte più grande di quello relativo ai capitali stranieri investiti nei Territori Palestinesi.
Il governatore dell’Autorità monetaria palestinese, Jihad Al Wazir, ha osservato che la tendenza ad investire all’estero è indotta dal sovrastimare il rischio interno di instabilità politica. Un approccio che però, a suo dire, sta gradualmente mutando come si deduce dalla quota di capitali che ora viene investita localmente. A titolo esemplificativo il bollettino cita le banche, che prima impiegavano all’estero il 65 per cento delle loro attività, mentre oggi il 47 per cento.
Per quanto riguarda il commercio, il Bollettino riporta un 15,3 per cento di incremento delle merci ed aiuti umanitari entrati nella Striscia di Gaza tra l’ottobre 2009 e il settembre 2010. Flussi che comunque rappresentano il 27 per cento dei volumi importati prima del blocco imposto dagli israeliani nel giugno 2007. Nello stesso arco di tempo considerato sono «rimaste minime» le importazioni di materiali per l’edilizia e a livelli bassissimi le esportazioni. Un’ottantina di camion di prodotti agricoli esportabili ha lasciato la Striscia tra il gennaio e il settembre di quest’anno, mentre solo tra gennaio e giugno del 2007 se ne erano contati 5.747.
Prevedibilmente migliori i dati relativi al commercio in Cisgiordania: le esportazioni medie mensili negli ultimi dodici mesi sono aumentate del 38 per cento rispetto all’anno precedente. Le merci più comunemente esportate sono i prodotti agricoli, mentre tra i beni più importati vi sono i materiali per l’edilizia.
In negativo, il Palestinian Economic Bulletin riferisce che i prezzi dei generi alimentari sono rincarati di oltre il 3 per cento in settembre, con un incremento di 4,3 punti percentuali rispetto a un anno fa. Concorrono fattori sia locali, sia legati all’aumento dei prezzi su scala globale. La Borsa non va meglio: l’indice Al Quds è sceso in ottobre del 2,5 per cento. Il volume degli scambi commerciali è aumentato del 47 per cento, ma si commerciano per lo più «merci di basso valore».
Infine, il Bollettino riporta che la Banca di Palestine e la Green Palestine Company (azienda che si occupa di smaltimento dei rifiuti, trattamento delle acque reflue e sviluppo di energie alternative) lanceranno nuovi incentivi «verdi», offrendo piccoli prestiti, non superiori ai 10 mila dollari, ai nuclei familiari palestinesi che daranno vita a progetti eco-sostenibili.