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Il ritorno (a casa) di Sharon

Terrasanta.net
22 novembre 2010
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Il ritorno (a casa) di Sharon
Ariel Sharon in una foto d'archivio

In ospedale ormai dal lontano 4 gennaio 2006, in uno stato vegetativo che i medici giudicano irreversibile, Ariel Sharon, è stato trasferito ai primi di novembre nella sua residenza privata a pochi chilometri di distanza dalla Striscia di Gaza. Vi trascorrerà i fine settimana, per far ritorno in ospedale gli altri giorni.


(Milano/g.c.) – In ospedale ormai dal lontano 4 gennaio 2006, in uno stato vegetativo che i medici giudicano irreversibile, Ariel Sharon, classe 1928, è stato trasferito ai primi di novembre nella sua residenza privata che si trova a pochi chilometri di distanza dalla Striscia di Gaza. O meglio: vi trascorrerà i fine settimana, per far ritorno in ospedale gli altri giorni, almeno in questa fase iniziale. Poi, con il tempo e valutate le sue reazioni, la soluzione dovrebbe diventare definitiva.

Già nel febbraio 2009, dopo tre anni di coma, i sanitari dell’ospedale Sheba-Tel Hashomer avevano chiesto alla famiglia di trovare una sistemazione per l’illustre malato presso la fattoria dei Sicomori, o presso una struttura attrezzata per lungodegenti. Ma si era scontrata con il parere contrario dei figli di Sharon Gilad e Omri.

La dimissione ospedaliera del primo ministro-generale che ha segnato in profondità la storia recente d’Israele (la famosa passeggiata sulla Spianata delle moschee che fece scoccare la scintilla della seconda intifada, il ritiro dell’esercito da Gaza, la creazione del partito Kadima) è propiziata anche dall’approvazione da parte della Commissione finanze del parlamento israeliano, giusto all’inizio di novembre, di un budget annuale straordinario di un milione e 600 mila shekel (circa 320 mila euro) per le cure domiciliari, che continueranno perciò ad essere a carico del contribuente. Secondo il ministero della Sanità israeliano, la dimissione di Sharon costituisce comunque un risparmio per l’erario. In ospedale il paziente, per tutto il tempo della sua degenza, è stato curato in una stanza privata allestita ad hoc e sorvegliata giorno e notte, oltre che da personale medico e sanitario, dalle forze di sicurezza.

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