Anno dopo anno l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) riduce il suo fabbisogno di assistenza finanziaria dai Paesi donatori e si pone come obiettivo di raggiungere l’autosufficienza finanziaria entro la fine del 2013. Lo ha detto il 10 novembre scorso il primo ministro Salam Fayyad in videoconferenza con il segretario di Stato Usa Hillary Clinton.
(Milano/g.s.) – Anno dopo anno l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) riduce il suo fabbisogno di assistenza finanziaria straordinaria dai Paesi donatori e si pone come obiettivo di raggiungere l’autosufficienza finanziaria entro la fine del 2013. Lo ha detto il 10 novembre scorso il primo ministro Salam Fayyad durante una videoconferenza organizzata a Washington, presso il Dipartimento di Stato, per dar modo al segretario di Stato Hillary Clinton di annunciare il versamento di 150 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti alle casse dell’Anp.
Nell’esprimere la sua gratitudine, Fayyad – che che prima d’essere uomo di governo è un economista – ha osservato che dal 1994 ad oggi l’ammontare complessivo dell’assistenza finanziaria Usa ha raggiunto la cifra di 3 miliardi e mezzo di dollari, metà dei quali resi disponibili nell’ultimo triennio o poco più.
Il premier palestinese ha tra i suoi maggiori crucci quello di ottenere gli aiuti necessari all’Anp per gestire l’ordinaria amministrazione. Un onere che gli impone di bussare ad ogni porta: è solo di qualche settimana fa l’impegno dell’Unione Europea, che è il principale finanziatore dell’Anp, a versare altri 41,4 milioni di euro, oltre ai 158,5 milioni già stanziati in gennaio. Un’integrazione che consente all’amministrazione palestinese di pagare stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici (in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza) nei mesi di novembre e dicembre 2010.
Durante la videoconferenza con la Clinton, Fayyad ha spiegato: «Dal 2008 al 2010 il fabbisogno palestinese di supporto finanziario straordinario dall’estero si è ridotto da 1,8 miliardi di dollari a 1,2. Dovrebbe ridursi ulteriormente nel 2011 e speriamo di arrivare all’autosufficienza finaziaria entro la fine del 2013».
Il primo ministro è poi tornato sul disegno, annunciato nell’agosto 2009, di completare entro l’estate 2011 l’architettura statuale palestinese, così da essere pronti alla sfida dell’autodeterminazione e ha citato con soddisfazione quanto la Banca Mondiale ha riconosciuto in questi giorni e cioè che i palestinesi sono sempre più vicini a poter gestire uno Stato proprio in un futuro prossimo.
In caso di definitivo naufragio dei negoziati diretti con Israele – riaperti a inizio settembre scorso ma andati in tilt in poche settimane per il rifiuto del governo Netanyahu di prorogare lo stop agli insediamenti israeliani nei Territori – i vertici dell’Anp si riservano di giocare la carta dell’autoproclamazione dello Stato palestinese. Una mossa unilaterale che gli Usa ufficialmente non avallano e Israele osteggia, ma che potrebbe comunque approdare all’ordine del giorno dell’assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2011 (o, ancora prima, al Consiglio di sicurezza dell’Onu).
Hillary Clinton preferisce parlare di due processi che devono procedere paralleli: il negoziato israelo-palestinese, per giungere entro un anno a un accordo quadro, e la costruzione dell’apparato statuale palestinese. I progressi registrati su questo secondo versante, osserva la Clinton, tolgono ogni alibi a ritardi e rinvii e «sottolinano che l’Autorità palestinese è diventato un partner credibile per la pace». Secondo il segretario di Stato americano il presidente Mahmoud Abbas e il primo ministro Fayyad hanno compiuto un duro lavoro «grazie al quale l’Anp sta ribaltando una storia di corruzione e producendo risultati che contano e vanno a migliorare la vita dei palestinesi. L’esito è che nuove imprese aprono i battenti, vengono riscosse le tasse ed erogati i servizi, l’economia è in crescita e la sicurezza è molto migliorata».
Certo, osserva la Clinton, tutti questi progressi restano tenui di fronte a un livello di disoccupazione, soprattutto giovanile, che rimane alto; al fatto che le comunità più piccole non beneficiano ancora degli effetti indotti dalla nuova imprenditoria, dalle entrate fiscali e dai contributi della comunità internazionale e a un deficit di bilancio che va ulteriormente ridimensionato.
Con il nuovo versamento di 150 milioni di dollari alle casse Anp, salgono a 225 milioni i fondi Usa versati direttamente al governo palestinese nell’anno finanziario in corso. Il loro impiego responsabile, ha assicurato il capo della diplomazia statunitense, è assicurato da rigorose misure di verifica, poste in essere sotto la supervisione del governo americano, della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale.
Anche l’Arabia Saudita ha recentemente trasferito all’Anp 100 milioni di dollari, mentre la Banca Mondiale ne ha assicurati 40. Altri fondi sono stati versati in settembre dagli Emirati Arabi Uniti.
La Clinton si rammarica che altri non seguano l’esempio. «Il popolo palestinese – chiosa – ha purtroppo certi amici che preferiscono sostenere le sue aspirazioni più a parole che con i fatti». «Ai palestinesi – ha aggiunto – servono fatti, non retorica. Hanno bisogno di partner che vogliano davvero investire sul loro futuro».