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Voci dal Sinodo: siamo realisti, ma fiduciosi sul futuro

Manuela Borraccino
18 ottobre 2010
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Voci dal Sinodo: siamo realisti, ma fiduciosi sul futuro
Questa mattina nella sala stampa vaticana. Da sinistra: mons. Antoine Audo, il card. John Patrick Foley, fra Pierbattista Pizzaballa, padre Federico Lombardi.

«Laicità positiva» e dialogo ecumenico, «solidarietà con il popolo palestinese» e un accenno alla situazione dei cristiani in Iraq. Sono alcuni fra i temi portanti della relatio post disceptationem presentata stamane al Sinodo dal patriarca di Alessandria dei copti Antonius Naguib. I commenti di alcuni dei padri sinodali questa mattina in conferenza stampa.


(Città del Vaticano) – «Laicità positiva» e dialogo ecumenico, «solidarietà con il popolo palestinese» e la necessità di dedicare più spazio nella riflessione finale alla situazione dei cristiani in Iraq. Alcuni fra i temi portanti della relatio post disceptationem presentata stamane dal relatore generale del Sinodo, il patriarca di Alessandria dei copti Antonius Naguib, sono stati commentati stamane in una conferenza in Vaticano dal Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, cardinal John Patrick Foley, dal vescovo di Aleppo dei caldei (Siria) mons. Antoine Audo, e dal Custode di Terra Santa fra Pierbattista Pizzaballa.

La relatio è il frutto della sintesi degli interventi dei padri sinodali nel corso della settimana, e fa il punto sulle proposte avanzate finora in merito ai problemi sociali, politici, ecclesiali e nel rapporto con l’islam avvertiti nella regione.

Il documento si apre con la constatazione delle «ripercussioni dirette sui cristiani» delle situazioni politico-sociali nei vari Paesi. «Pur condannando la violenza da qualunque parte provenga – si legge – e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo».

Per mons. Audo la relatio è un documento «pieno di realismo ma anche di speranza: pur non facendoci illusioni, siamo ottimisti per il futuro che ci attende». Interpellato sui risultati concreti che si possono auspicare, il presule ha affermato che «il lavoro del Sinodo inizia alla fine». Il primo effetto dell’assise sinodale sarà la creazione di «un Consiglio che rappresenterà tutte le Chiese e che sarà molto efficace nel dialogo che già viene portato avanti nei vari Paesi, ad esempio in Libano, in Siria… Ci sarà un lavoro e una base comune per trovare soluzioni realistiche ai problemi». L’altra priorità, ha spiegato, sarà la ricerca di una «cittadinanza a pieno titolo che i cristiani reclamano in tutti i Paesi nei quali sono minoranza: insieme al concetto di laicità positiva, al quale alcuni hanno preferito l’espressione “Stato civico” per la difficoltà di tradurre nella mentalità islamica la separazione fra fede e Stato, queste sono alcune delle cose nuove proposte ed emerse con forza durante questo Sinodo».

Interpellato sull’attuazione del Sinodo, fra Pizzaballa ha sottolineato come la vera novità di questo Sinodo sia stata forse quella di affrontare per la prima volta tutti insieme l’analisi di una situazione che ha, sì, dei punti in comune, ma che è anche estremamente complessa e variegata. «La situazione dei cristiani – ha ricordato – è molto diversa da un Paese all’altro. Già l’analisi dei problemi è difficile, le soluzioni sono ancora più difficili: non sempre ci sono soluzioni, sappiamo che non potremo risolvere tutto, la scelta che abbiamo fatto di riunirci per capire e per confrontarci è già in sè molto positiva. Potremo arrivare ad un documento chiarificatore rispetto a certi aspetti, ma non sappiamo se il Sinodo fallirà o riuscirà: dipenderà dalla capacità delle singole Chiese di attuare questo documento, così come dipenderà dai laici, dei quali si è discusso molto. Teniamo presente – ha detto con un sorriso – che i tempi della Chiesa non sono quelli dei giornalisti: l’opera di Dio andrà avanti comunque».

Anche la proposta di celebrare una sola Pasqua tra cattolici e ortodossi, ha rimarcato il frate minore, nasce dal fatto che «il dialogo ecumenico è un problema molto pastorale e molto concreto in Medio Oriente: quando si incontrano le comunità cristiane questo è uno dei problemi dei quali si parla maggiormente, anche perchè l’80 per cento delle famiglie cristiane è costituito da matrimoni misti. In molte parti del Medio Oriente alcune cose già si fanno: Gerusalemme è una realtà a sé, che tiene di fatto bloccata, paralizzata con lo status quo la situazione dei rapporti fra le Chiese. Non si può separare quel che avviene nel Santo Sepolcro da quello che avviene nelle altre Chiese. Ma posso dire che non c’è alcun interesse a fare la Pasqua separati: è una lettura sbagliata, quella di chi pensa che non si faccia perchè qualcuno ci “guadagna”».

Fra Pizzaballa è stato poi interpellato sull’eventuale «sottoscrizione o sostegno» che la Custodia avrebbe accordato al documento Kairos Palestina, pubblicato nel dicembre 2009 da cristiani palestinesi e di cui si è parlato in questi giorni a margine dei lavori. «Non è – ha spiegato il Custode – un documento ufficiale delle Chiese: è stato elaborato da alcuni laici cristiani e da alcuni ecclesiastici, ma non è un testo ufficiale delle istituzioni ecclesiastiche di Gerusalemme. Anche se avviene quasi automaticamente che quando ci sono iniziative o documenti che vengono stilati da personalità cristiane, si mandi un messaggio di incoraggiamento alle iniziative comuni che si fanno».

Altre domande sono state suscitate dal paragrafo della relatio secondo il quale «l’interpretazione tendenziosa di alcuni versetti della Bibbia giustifica o favorisce la violenza». Monsignor Audo ha chiarito che si tratta di «una critica verso alcuni gruppi protestanti che arrivano in Nord Africa, in Turchia, in Giordania e usano la lettura letterale della Bibbia per giustificare lo Stato di Israele, e questo fa molto male, in generale, ai cristiani». Fra Pizzaballa ha aggiunto che il riferimento è «agli evangelici, ai cristiani sionisti, e anche a quei movimenti all’interno della società israeliana che usano la Bibbia per giustificare o promuovere delle scelte di carattere politico».

Quanto poi alla richiesta da parte dei patriarchi di avere più potere nella Chiesa (e partecipare all’elezione del Papa), mons. Audo ha spiegato che «sono rivendicazioni fatte con molto rispetto davanti al Papa: sulla proposta di poter entrare nel conclave – ha detto – si tratta di un desiderio di comunione, di maggiore partecipazione, per mostrare al mondo intero che siamo effettivamente Chiese cattoliche, e che il Papa per noi vuol dire qualcosa. C’è un vescovo che ha chiesto al Papa di andare nel suo Paese e celebrare la Messa con gli orientali, proprio per far vedere che non sono un corpo estraneo nella Chiesa».

Nella Relatio, infine, i padri sinodali chiedono in un solo passaggio «alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze». Monsignor Audo ha dichiarato di essere «personalmente un po’ deluso per quanto è stato detto sull’Iraq. Spero che si dica qualcosa di più sostanziale perchè la presenza dei cristiani in quel Paese è molto importante. Ed anche perchè in una situazione di grande prova hanno dato prova di impegno, di fortezza, di fede. Speriamo tutti che ci sia un nuovo inizio, soprattutto nel nord, e che ci sia una vera riconciliazione nazionale fra sciiti e sunniti: bisogna difendere l’unità dell’Iraq».

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